Percorsi per le competenze trasversali e per l'orientamento (PCTO - ex alternanza scuola-lavoro)

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    Scuola-lavoro. Profumo: necessaria maggiore integrazione

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    "E' assolutamente necessario avviare una maggiore integrazione tra scuola e lavoro: la scuola deve avere maggiore relazione con le imprese e quindi vanno aumentati tirocini e visite per creare un rapporto continuo, un ponte con il mondo del lavoro''. Lo ha affermato Francesco Profumo, Ministro dell'Istruzione, in un collegamento con il Festival della dottrina sociale della Chiesa, a Verona.

    Fonte: Orizzonte Scuola (17 settembre 2012)

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    Ponte scuola lavoro. I dati degli iscritti ai centri di formazione professionale

    Il Ministro Profumo, intervenendo alla seconda giornata della conferenza italo-tedesca sull'apprendistato a Napoli, afferma che è necessario un ''patto forte con i sistemi di produzione e le aziende''. Il miglioramento del paese deve basarsi su tre elementi: "gli studenti, la scuola e quanti operano nel mondo del lavoro". AGeSC (Associazione Genitori Scuole Cattoliche): Bene, ma è necessario attivare centri di formazione professionale.

    Vengono accolte con ottimismo le parole del Ministro Profumo

    La ricetta del ministro Profumo per il lavoro dei giovani: orientamento, formazione e mobilità

    ma, avverte il Presidente di AGeSC (Associazione Genitori Scuole Cattoliche) Roberto Gontero - dai dati ISFOL (Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale dei Lavoratori) 2012, risulta che nell'anno formativo 2010/11 su 115.213 iscritti ai Centri di Istruzione e Formazione Professionale, 88.517 (il 77%) si concentrano nelle regioni del Nord (50.261 Nord-ovest, 38.256 Nord-est), 11.879 (il 10,3%) al Centro, 5.639 (il 4,8%) al Sud , 9.178 (il 7,9%) nelle Isole.

    Un ''patto forte con i sistemi di produzione e le aziende'' all'interno di un percorso di miglioramento del sistema Paese che sia strutturato su ''tre elementi: gli studenti, la scuola e quanti operano nel mondo del lavoro''. Questa la 'ricetta' del ministro dell'Istruzione, Francesco Profumo, nella seconda giornata della conferenza italo-tedesca sull'apprendistato. Per il ministro bisogna coniugare piu' fattori: ''Innanzitutto gli studenti piu' grandi, gia' avviati su percorsi formativi, possono trasferire indicazioni; poi la collaborazione delle azienda, perche' molti ragazzi hanno un'idea astratta di quello che li aspetta dopo la scuola''.

    Formazione Professionale come settore chiave della preparazione degli studenti.

    Sempre secondo i dati ISFOL infatti, un alunno su due tra quelli che hanno frequentato un percorso di Istruzione e Formazione Professionale (IeFP) triennale o quadriennnale (dai 14 ai 18 anni), presso agenzie formative private accreditate dalle Regioni, ha trovato il suo primo impiego dopo soli 3 mesi dal conseguimento della qualifica.

    Nel corso della giornata è stata firmata un'intesa sul progetto di apprendistato che, afferma Profumo " rappresenta il primo passo verso un mercato comune del lavoro e della formazione dell'Unione europea”.

    Fonte: Orizzonte Scuola (14 novembre 2012)

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    Aumenta l'attività di alternanza scuola-lavoro, ma l'orientamento verso le professioni ricercate è ancora poco efficace

    A Job&Orienta, il salone nazionale dell’orientamento, la scuola, la formazione e il lavoro sono stati presentati in anteprima i risultati del monitoraggio 2012 sull'attività di alternanza scuola-lavoro, realizzato dall'Istituto nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca educativa (Indire) su incarico del Ministero dell`Istruzione, dell`Università e della Ricerca.

    Nell'anno scolastico 2011/2012 sono stati coinvolti in questo tipo di percorsi 189.547 giovani studenti, pari al 7,5% della popolazione studentesca contro il 5% dell’anno precedente, appartenenti a 2.365 istituti di istruzione secondaria di secondo grado (il 44% di quelli presenti sul territorio nazionale).

    Il boom di studenti, se confrontiamo i numeri attuali con i circa 93mila dello scorso anno scolastico, è dovuto anche alla sostituzione dell'area di professionalizzazione (terza area) degli istituti professionali con 132 ore di attività da svolgere in alternanza scuola lavoro (D.P.R. 87/2010, art.8, comma 3). E infatti, dei 9.791 percorsi totali di alternanza, 7.132 (71,2%) sono stati realizzati negli istituti professionali e di questi ben 5.756 proprio nelle classi quarta e quinta.
    L'alternanza scuola-lavoro negli istituti tecnici è stata realizzata da 1.815 studenti (16,7%), 637 (il 6,5%) dai licei e il 5,6% da altri istituti. Gli studenti hanno svolto stage e partecipato a corsi presso 65.447 strutture, per il 58% nelle imprese, il resto per professionisti e Comuni.

    Il numero delle imprese coinvolte in percorsi di alternanza è maggiore al Centro-Nord, con la Lombardia in vetta alla classifica con il 38% del totale nazionale, seguita da Toscana, Marche e Lazio.

    Un altro dato interessante viene dal grosso numero di aziende che sono in cerca del 16% di diplomati e del 20% di laureati, circa 65.000 unità di personale introvabile, a fronte di una disoccupazione giovanile che raggiunge il 35%.

    I dati provengono dall’analisi annuale del Sistema informativo Excelsior di Unioncamere e Ministero del Lavoro. Seppure nel 2012 si sia registrato un calo generalizzato della domanda di lavoro con 200mila assunzioni in meno rispetto al 2011, su oltre 406mila nuove assunzioni (non stagionali) il 16,1% sono segnalate dalle imprese per la difficoltà a trovare personale soprattutto nel campo della lavorazione del legno, mobile e arredamento (180 le assunzioni difficili su quasi 400), in quello delle telecomunicazioni (230 gli introvabili su 600), termoidraulico, tessile, abbigliamento e moda, elettrotecnico, turistico-alberghiero e meccanico.
    La laurea in ingegneria è la più richiesta, soprattutto nella filiera dell’Ict, anche se la professione più ricercata resta l’infermiere.

    Fonte: Orizzonte Scuola (25 novembre 2012)

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    Un anno di governo per la scuola: concorso docenti e percorsi di alternanza scuola-mondo del lavoro

    L'ufficio stampa e del portavoce di Palazzo Chigi ha pubblicato una nota sull'analisi di un anno di governo. Pubblichiamo la parte dedicata alla scuola.

    SCUOLA E UNIVERSITÀ
    A distanza di tredici anni è tornato il concorso per la scuola. A dicembre si è rimessa in moto una procedura di reclutamento per aspiranti docenti ferma dal 1999, seppur prevista dalla legge con cadenza triennale. Il percorso, che porterà alle prime nomine in ruolo già a partire dal prossimo anno scolastico, è iniziato con le prove preselettive che per la prima volta sono state tutte informatizzate, permettendo ai candidati di avere l’esito in tempo reale. I partecipanti sono stati oltre 300mila, per 11.542 cattedre nella scuola pubblica di ogni ordine e grado. La cospicua dose di informatizzazione della scuola era iniziata però già a giugno, con l’invio delle prove di maturità in tutti gli istituti d’Italia attraverso il plico telematico anziché, come sempre avvenuto, con buste sigillate consegnate dalle forze dell’ordine. Ciò ha consentito notevoli risparmi sia dal punto di vista finanziario (circa 400mila euro) che dal punto di vista di utilizzo delle risorse umane, tradizionalmente impegnate nel procedimento di trasmissione cartacea delle tracce d’esame.

    Parallelamente, si è operato per interconnettere al meglio la scuola con il mondo del lavoro. A questo proposito si sono attuate misure di semplificazione e promozione dell’istruzione tecnico-professionale, con l’aumento dei percorsi di alternanza studio/lavoro. L’obiettivo è quello di sostenere l’occupazione dei giovani, colmando progressivamente il divario esistente tra domanda e offerta di lavoro per le professioni tecniche, e di crescita delle filiere produttive nei settori strategici dell’economia nazionale. Su questa linea, in attuazione della riforma del mercato del lavoro e in linea con le indicazioni europee sull’apprendimento permanente, è stato adottato il Decreto legislativo per l’individuazione e la validazione degli apprendimenti non formali e informali, per il servizio di sistema nazionale di certificazione delle competenze.

    Sul fronte dell’Università, è stata avviata la procedura per il conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale al ruolo di professore di prima e seconda fascia, nonché la definizione di una precisa programmazione temporale per le procedure, da avviare nel biennio 2013 – 2014. Rimane però aperto il nodo delle risorse: bisogna trovare più finanziamenti per consentire al nostro sistema accademico di produrre eccellenza e attirare le competenze dall’estero.

    Fonte: Orizzonte Scuola (31 dicembre 2012)

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    Nuove regole per i tirocini e gli stages, ma non per quelli organizzati dalle scuole

    La bozza sulle «Linee guida in materia di tirocini», in attuazione della legge Fornero, dovrebbe essere discussa per il 24 gennaio alla prossima conferenza Stato-Regioni, dopo un lungo confronto tra Governo ed enti territoriali.

    La più importante novità è che i tirocini dovranno essere remunerati con una «indennità di partecipazione» non inferiore a 400 euro mensili.

    I tirocini formativi e di orientamento (da far partire al massimo entro 12 mesi dal conseguimento del titolo di studio) non potranno durare più di sei mesi, che salgono a 12 mesi per i tirocini di inserimento o reinserimento nel mondo del lavoro, o per quelli in favore di soggetti svantaggiati. Mentre per i disabili la durata dello stage potrà arrivare fino a 24 mesi, proroghe comprese.

    Ma le linee guida non si applicano:
    ■ ai tirocini curriculari promossi dalle università o dalle scuole;
    ■ ai periodi di pratica professionale (compresi i tirocini previsti per l'accesso alle professioni ordinistiche)
    ■ ai tirocini transnazionali (quelli cioè realizzati nell'ambito di specifici programmi europei).

    Dovranno sottostare alle nuove direttive tutti gli altri tirocini, anche se diversamente nominati (work experiences, stage, borse lavoro).

    Fonte: Orizzonte Scuola (05 gennaio 2013)



    Edited by Steve Hi Power Mc - 9/10/2019, 23:13
     
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    Alternanza scuola-lavoro, sull'indire la bozza delle linee guida

    Girono 23 aprile 2013, si è svolta al Ministero una riunione del comitato di monitoraggio e la valutazione dell’alternanza scuola-lavoro.

    Il comitato ha discusso sul documento contenente le linee guida sull'alternanza scuola-lavoro, dal titolo: “Costruire insieme l’alternanza scuola-lavoro”.

    Si tratta di una bozza che ha come scopo di avviare un confronto con le scuole e con i soggetti sociali ed economici del territorio, per promuovere, in un’ottica di unitarietà, una maggiore diffusione della cultura del lavoro nei percorsi scolastici.

    A partire da oggi il testo è disponibile online per un periodo di due mesi. Sarà possibile anche inviare proposte di integrazione e/o modifica.

    Il link: www.indire.it/scuolavoro/consultazione/

    Fonte: Orizzonte Scuola (25 aprile 2013)

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    Scuola-lavoro, modello "germanico-olandese", disoccupazione ed emigrazione. Padania terronia del nord Europa

    In cosa consiste il sistema duale? Su quali scenari si innesterà? Senza ripresa economica rischiamo di fornire manodopera a basso costo ai paesi del Nord Europa: puntare su ICT e green economy. Lombardia regione dalla quale si emigra di più, meta preferita la Germania.

    Partiamo dal funzionamento del "sistema duale". Il modello

    Di cosa si tratta? Di un sistema di apprendistato che è composto da formazione scolastica e aziendale, due elementi che si alternano e completano (da cui il nome "duale"). Attraverso questo sistema il Governo offre un contratto di apprendistato ai giovani studenti che diventano anche lavoratori con salari minimi

    Il modello preso a riferimento da far adottare ai paesi europei è quello tedesco, l'obiettivo è contrastare la disoccupazione giovanile.

    Si tratta di un sistema che, già da tempo, è adottato in molti paesi europei: Olanda, Germania, Austria, Gran Bretagna. E che adesso, l'Europa, vuol far adottare anche ad altri paesi come Italia, Spagna, Portogallo ai quali si chiede una rivoluzione anche culturale che pretenderà di non ragionare più per comparti stagni tra scuola e lavoro ma di interconnettere i due mondi.

    In Francia, Paesi Bassi, Gran Bretagna e Germania i sistemi sono già rodati. L'apprendista può avere una età che si aggira tra i 16 e i 24/25 anni, con deroghe (come nel caso dei Paesi Bassi) che non pongono limiti di età. I salari garantiti ai giovani apprendisti variano da paese a paese, si va dai 341 euro per gli under 18 in Francia ai 1.400 euro in Olanda. In tutti i paesi ci sono agevolazioni per le aziende a livello di tassazione. I dati sono stati raccolti dall'Isfol e divulgati dal quotidiano "Il Sole 24 Ore"

    Sebbene il modello da imitare per i paesi del Sud Europa sarà quello tedesco, da più parti si ritiene uno dei più efficienti quello olandese, in grado di trovare lavoro entro 6 mesi e trasformarlo, entro 3 anni, in posto a tempo indeterminato.

    Il successo è dovuto ad una sussidiarietà dei compiti con i Comuni che giocano un ruolo fondamentale, chiamati a trovare un impiego ai propri cittadini..

    Altrettanto fondamentale il ruolo dell'istruzione. Le scuole professionali, infatti, dialogano con il territorio, con i distretti industriali e il tessuto economico in generale, adattandosi alla formazione di figure professionali più facilmente impiegabili dalle aziende. Per questo si è sviluppato un modello di scuola professionale molto flessibile e in grado di adattare i propri programmi di insegnamento in modo veloce e secondo le indicazioni delle aziende.

    Il Sud Europa e l'Italia (terronia del Nord Europa)

    Molto dipende dal sostrato economico-sociale in cui vengono innestati tali sistemi. La Germania, ex malata d'Europa, ha avviato un processo di riforme lungimiranti che oggi ha messo il loro sistema in una situazione di vantaggio rispetto agli altri stati europei. Parliamo di quelle riforme "strutturali" per le quali altri paesi annaspano, Italia compresa: conti pubblici, riforma pensioni, riforme salariali.

    Stesso percorso per l'Olanda che ha adottato politiche economiche di austerità e fatto scelte di bilancio col fine di ridurre la spesa pubblica.

    Misure che hanno permesso di affrontare la crisi con maggiori risorse e poter contare, adesso, un Pil in crescita grazie ad un aumento di esportazioni (soprattutto per l'economia tedesca) verso i "paesi emergenti": Cina, India e Brasile.

    Una situazione positiva, quasi pre-crisi, che richiama anche nuova forza lavoro, preferibilmente a basso costo.

    Differente la situazione nei paesi del Sud che vede tassi di dosoccupazione da paesi dell'America latina. Preoccupa soprattutto quella giovanile, che raggiunge il 50% in paesi come Spagna e Grecia e il 40% in italia e Portogallo, rendendo più difficile la riduzione del carico del debito e quindi dell'uscita dalla crisi.

    Tetti di disoccupazione che hanno alimentato il fenomeno dell'emigrazione, raggingendo in Italia, nel 2012, un +30% rispetto al 2011, passando dai 60.635 cittadini ai 78.941 con residenza all'estero.

    Cifre da capogiro e che sbalordiscono, se si guarda soprattutto alla loro distribuzione sul territorio.

    La regione dalla quale si emigra di più è la Lombardia con 13.156 lombardi trasfritisi nel 2012, seguiti dai veneti con 7456, dai siciliani con 7003, i piemontesi 6134, i laziali 5952, i campani 5240, agli emiliano-romagnoli 5030, i calabresi 4813, ai pugliesi 3978 e ai toscani 3887.

    Dove si emigra? In Germania, ovviamente, meta di 10.520 italiani, seguita da Svizzera, Gran Bretagna, Francia, Belgio e Austria, tra i paesi europei. Ma si va alche oltreoceano, in Argentina USA, Brasile.

    Dal 1990 ad oggi, gli italiani che sono andati all'estero per lavoro sono quasi 2milioni e mezzo e di questi 600mila sono giovani tra i 20 e i 40 anni.

    Italia riserva di manodopera a basso costo, senza innovazione e ripresa economica

    E su questi ultimi dati si giocano le politiche di questo Governo sulle riforme scuola-lavoro.

    Il rischio è che tali riforme ed investimenti vadano più a vantaggio dei paesi approdo di emigrazione, che al paese stesso, continuando a fornire flussi migratori, ma maggiormente qualificati, se contemporaneamente non ci sarà una ripresa economica.

    Così, i nobili obiettivi della "dichiarazione di intenti sull’apprendimento duale" stipulati tra Italia e Germania, di promuovere la mobilità transnazionale con la quale Germania accoglierà giovani cittadini europei offrendo loro l’opportunità di una formazione (corso di lingue incluse) e conseguentemente di un’occupazione, con lo scopo di trasferire le conoscenze, si trasformeranno in viaggi senza ritorno. Il tutto sfruttando quei finanziamenti europei destinati alle ai paesi in difficoltà economiche.

    Un esempio concreto ci è fornito dal rapporto curato dal think tank Glocus "Professioni e lavoro nel 21° secolo"

    La ricerca evidenza come entro il 2015 si creeranno 900mila posti di lavoro destinati a rimanere vacanti perché mancheranno le specializzazioni necessarie a occuparli. Si tratta di informatici, analisti e sviluppatori; ma anche nel campo della formazione, servizi sanitari, servizi sociali; delle economie verdi come settore energetico per le energie rinnovabili e ambiente

    E l'Italia? Annaspa!

    Basti pensare che l’internet economy contribuisce al Pil soltanto nella misura del 2% (pari a circa 32 miliardi di euro), ben al di sotto rispetto ai valori degli altri paesi europei, dove si attesta fra il 4% e il 7%.

    Oppure, nel settore della green economy, se l'Italia raggiungesse gli obiettivi europei potrebbe creare circa 1,4 milioni di occupati, con un incremento di oltre 173 mila unità rispetto al 2012, per 1.397.000 totale tra occupazione diretta, indiretta e indotta.

    Non solo, dunque formazione, ma anche giusti investimenti per rilanciare economica, o l'Italia sarà riserva indiana di manodopera qualificata per la ripresa economica degli altri paesi europei.

    Vedi anche

    Si accelera sulla scuola-lavoro, la Germania ha bisogno di manodopera a basso costo. Finanziamenti anticipati per l'Italia

    Fonte: Orizzonte Scuola (08 luglio 2013)

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    Alternanza scuola lavoro: il report Indire. Coinvolto l'8,7% degli studenti, quali sbocchi professionali

    A che punto siamo? Prova a dare una risposta a questo quesito l'Indire, con un approfondito report commissionato dal Ministero dell'Istruzione.

    Secondo il report gli studenti coinvolti in percorsi di alternanza scuola lavoro sono in totale 227.886, l’8,7% del totale degli iscritti. Per quanto riguarda l’alternanza nei diversi ordini di studio, la percentuale degli studenti in alternanza, sul totale degli iscritti, è più alta negli istituti professionali (28,3%), seguono gli istituti tecnici (6,3%) e i licei (2,4%)

    Nell’a.s. 2012/13, il 45,6% delle scuole secondarie di secondo grado (3.177 su 6.972) ha utilizzato l’alternanza come metodologia didattica per sviluppare le competenze previste dall’ordinamento degli studi. Dei 3.177 istituti, il 44,4% sono professionali, il 34,2% tecnici, il 20% licei, 1,5% altri istituti.

    Le scuole hanno realizzato 11.600 percorsi, di cui 7.783 (67,1%) negli istituti professionali (di cui 6.043 nelle classi IV e V), 2.556 (22%) negli istituti tecnici, 903 (7,8%) nei licei e 86 (lo 0,7%) in altri istituti, per formare 227.886 studenti, pari all’8,7% della popolazione scolastica della scuola secondaria di secondo grado. Anche il mondo del lavoro ha dato un contributo: gli studenti in alternanza sono stati ospitati in 77.991 strutture, di cui il 58,2% (45.365) sono imprese

    Per quanto riguarda gli sbocchi lavorativi nell’anno scolastico 2009/10, gli studenti diplomati risultano essere 5.3432 . Di questi, la maggior parte ha trovato lavoro (1.405, pari al 26,3%) e ha frequentato un corso universitario (1.352, pari al 25,3%). Pochi gli studenti che, una volta conseguito il diploma, hanno scelto di frequentare uno stage o tirocinio non retribuito (122 su 5.343, pari al 2,3%) o un corso formativo (55, cioè l’1%). Molto basse anche le percentuali di ex studenti disoccupati (4,8%) e inoccupati (4%).

    Nell’anno scolastico 2010/11, gli studenti diplomati risultano essere 6.6593. Rispetto all’anno scolastico precedente, quelli che hanno trovato un lavoro risultano in calo del 3%, mentre aumentano gli studenti che, dopo aver conseguito il diploma, hanno scelto di frequentare un corso universitario (1.876, pari al 38,8% rispetto all’anno precedente). In aumento anche gli ex studenti che hanno frequentato un corso formativo (da 55 nell’a.s. precedente a 150 nella rilevazione 2011/12) o uno stage o tirocinio non retribuito (da 122 a 219). Su 6.659 ex studenti, 378 (pari al 5,7%) sono risultati inoccupati, 373 (il 5,6%) disoccupati. Anche in questo caso, rispetto all’anno precedente, il numero di inoccupati è salito del 76,6%, mentre quello dei disoccupati è aumentato del 45,7%.

    Nell’anno scolastico 2011/12, gli studenti diplomati risultano essere 8.8634. Rispetto all’anno scolastico precedente, nella rilevazione, i lavoratori (1.520) risultano aumentati dell’11,5%; aumentano anche gli studenti che, dopo aver conseguito il diploma, scelgono di frequentare un corso universitario (2.579, pari al 37,5% rispetto all’anno precedente). In aumento anche gli ex studenti che frequentano un corso formativo (da 150 nell’a.s. precedente a 252 nella rilevazione 2012/13) o uno stage o tirocinio non retribuito (da 219 a 305). Su 8.863 ex studenti, 802 (pari al 9%) risultano inoccupati, 900 (il 10,2%) disoccupati. Anche in questo caso, rispetto all’anno precedente, il numero di inoccupati è salito del 112,2%, mentre quello dei disoccupati è aumentato del 141,3%. La piattaforma del MIUR

    Il testo originale con i grafici

    Fonte: Orizzonte Scuola (22 ottobre 2013)

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    DL istruzione, alternanza scuola-lavoro: in arrivo tirocini con contratti di apprendistato e convenzioni con aziende e non

    Avvio di un programma sperimentale per lo svolgimento di periodi di formazione in azienda (con possibili contratti di apprendistato), per gli studenti degli ultimi due anni delle scuole superiori per il triennio 2014-2016. Il programma servirà “a facilitare una scelta consapevole del percorso di studio e la conoscenza delle opportunità lavorative" e "anche per realizzare le azioni previste dal programma europeo Garanzia per i giovani”. E ancora: previsti interventi per facilitare la formazione in tema di scuola-lavoro per gli studenti disabili e quella degli insegnati stessi.

    È quanto prevede il testo del decreto Istruzione approvato dalla Camera giovedì scorso, ora al vaglio del Senato. Le norme in materia di formazione scuola-lavoro sono contenute negli articoli 8, 8bis, 14 e 16 del decreto. Vediamo quali sono le modifiche approvate dall'Assemblea di Montecitorio.

    PERCORSI DI ORIENTAMENTO E CONVENZIONI PER TIROCINI
    Le attività inerenti ai percorsi di orientamento, che eccederanno l'orario d'obbligo delle scuole, potranno essere remunerate con il Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche (istituito nel 2007 con la Finanziaria per l'autonomia scolastica) "nel rispetto della disciplina in materia di contrattazione integrativa".

    Con una modifica introdotta nel decreto alla Camera, potranno partecipare alla stipula di convenzioni con gli istituti scolastici pubblici e paritari, e le università - per la formazione scuola-lavoro - non solo associazioni e imprese ma anche "le associazioni iscritte al Forum delle associazioni studentesche, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, ovvero con proprie risorse tecniche, umane, finanziarie, attrezzature e laboratori".

    STUDENTI DISABILI
    Per gli alunni con disabilità, il decreto con un nuovo comma (introdotto dall'Assemblea di Montecitorio) vengono "previsti interventi specifici finalizzati all'orientamento e volti a offrire alle famiglie strumenti utili per indirizzare la scelta del percorso formativo" post scolastico. Questi percorsi di orientamento "si inseriscono strutturalmente" nell'ultimo anno di corso della scuola media e negli ultimi due anni di corso della scuola superiore.

    COPERTURE FINANZIARIE
    Per tutti questi interventi, volti alla formazione scuola-lavoro, il Parlamento ha autorizzato la spesa 1,6 milioni di euro per il 2013 e altri 5 milioni a decorrere dal 2014, "come contributo per le spese di organizzazione, programmazione e realizzazione delle attività di orientamento per gli studenti delle scuole superiori". Le risorse verranno assegnate direttamente alle scuole, sulla base del numero totale degli studenti iscritti all'ultimo anno di corso.

    PROGRAMMA TRIENNALE APPRENDISTATO
    Più importante il decreto Istruzione, prevede l’avvio un programma sperimentale per lo svolgimento di periodi di formazione in azienda per gli studenti degli ultimi due anni delle scuole superiori per il triennio 2014-2016. Il programma prevede anche la stipulazione di contratti di apprendistato, che dovranno però essere a carico delle imprese interessate. Con apposito decreto dei ministeri dell’Economia e dell’Istruzione saranno definite le tipologie delle imprese che possono partecipare al programma, i loro requisiti, il contenuto delle convenzioni.
    La mancata o parziale attivazione dei percorsi formativi comporterò la revoca e la redistribuzione delle risorse stanziate sul Fondo per l’istruzione e la formazione tecnica superiore (istituito nel 2006).

    Stessa cosa per la “formazione post-secondaria”: le università, con esclusione di quelle telematiche, potranno stipulare convenzioni con singole imprese per realizzare progetti formativi che prevedano che lo studente, nell'ambito del proprio curriculum di studi, svolga un adeguato periodo di formazione presso le aziende sulla base di un contratto di apprendistato.

    FORMAZIONE SCUOLA LAVORO PER GLI INSEGNANTI
    In ultimo, con l’articolo 16 del provvedimento nell’ambito dei finanziamenti “per potenziare la capacità organizzative del personale scolastico”, questi verranno utilizzati per periodi di formazione, che i potranno svolgere anche presso enti pubblici e imprese.

    lI testo come licenziato dalla Camera

    Fonte: SNR (06 novembre 2013)

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    Alternanza scuola lavoro: +20% di studenti coinvolti, +57% di licei partecipanti

    Sono gli esiti del monitoraggio realizzato dall'Indire per conto del Miur da cui risulta anche che il 45,6% delle scuole secondarie di secondo grado ha utilizzato l'alternanza come metodologia didattica per sviluppare le competenze previste dall'ordinamento degli studi.

    Dei 3.177 istituti coinvolti, il 44% sono professionali, il 34% tecnici, il 20% licei, l'1,5% altri istituti. Sono stati realizzati 11.600 percorsi, di cui 7.783 (67,1%) negli istituti professionali, 2.556 (22%) negli istituti tecnici, 903 (7,8%) nei licei e 86 (lo 0,7%) in altri istituti. I percorsi hanno formato 227.886 studenti accolti da 77.991 strutture ospitanti, 45.365 sono imprese.

    Nell'anno scolastico concluso a giugno, il 2012-2013, l'alternanza ha registrato aumenti sia per quanto riguarda gli istituti coinvolti (+34,3%), sia per la partecipazione degli studenti (+20,3%), sia per i percorsi realizzati (+18,5%), che per le strutture ospitanti (+19,2%). Per quanto riguarda gli istituti, nel 2012/13 l'incremento più forte ha riguardato i licei (da 403 a 635, pari al 57,6%), seguiti dagli istituti tecnici (+46%). In aumento anche gli istituti professionali (+19,8%) e gli altri ordini di studio (+11,9%).

    Il numero dei percorsi è aumentato del 18,5% rispetto all'anno scolastico precedente, con un picco nei licei che sono passati dai 637 percorsi dell'anno scolastico 2011-12 ai 903 dell'anno scolastico 2012-13 (+41,8%). La percentuale degli studenti in alternanza è più alta negli istituti professionali (28,3%), seguono gli istituti tecnici (6,3%) e i licei (2,4%). La maggior parte degli studenti in alternanza (il 48,2%) si concentra nelle classi IV, seguono le classi V (28,8%), le III (17,2%), le II (5,5%) e le I (0,4%). La maggior parte dei percorsi di alternanza è annuale (5.924 percorsi, il 51,1%). La valutazione delle competenze viene effettuata attraverso relazioni finali (in 489 scuole), questionari di valutazione (in 478 scuole), griglie di osservazione (in 448 scuole), schede di autovalutazione (in 300 scuole), compiti di realtà (in 185 scuole), altre modalità (in 31 scuole). L'esperienza di alternanza, infine, viene riconosciuta nei percorsi scolastici come credito scolastico (in 935 scuole), come integrazione al voto delle singole discipline (in 444 scuole), come integrazione alla media dello studente (in 213 scuole), in altro modo (in 31 scuole).

    Il dl Scuola ‘L'Istruzione riparte' convertito in Parlamento il 7 novembre scorso prevede un rafforzamento dei percorsi di alternanza: sono previste misure per far conoscere agli studenti il valore educativo e formativo del lavoro, anche attraverso giornate di formazione in azienda. Verrà poi avviato un programma sperimentale per gli anni 2014/2016 per permettere agli studenti degli ultimi due anni della scuola secondaria di secondo grado periodi di formazione presso le aziende.

    Monitoraggio

    Fonte: Miur (25 novembre 2013)

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    Anche i docenti di sostegno devono essere retribuiti per l’attività di alternanza scuola – lavoro

    I docenti di sostegno specializzati devono essere retribuiti per l’attività di tutoraggio svolta nei confronti degli alunni con disabilità. L’attività è prevista dalle linee guida del 4 agosto 2009 parte seconda - l’organizzazione comma 2 rapporti interistituzionali “E’, infatti, proprio nella definizione del progetto di vita che si realizza l’effettiva integrazione delle risorse, delle competenze e delle esperienze funzionali all’inclusione scolastica e sociale.

    I prioritari ambiti di intervento sono riconducibili a: punto 4 adozione di iniziative per l’accompagnamento dell’alunno alla vita adulta mediante esperienze di alternanza scuola-lavoro, stage, collaborazione con le aziende del territorio.

    Appare quantomeno singolare e discriminatoria nei confronti degli alunni con disabilità la possibile esclusione dei docenti di sostegno dall’ attività progettuale dei percorsi di alternanza scuola lavoro.

    La presenza del docente di sostegno viene espressamente richiamata dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 80 del 2010 “Tra le varie misure previste dal legislatore viene in rilievo quella del personale docente specializzato, chiamato per l'appunto ad adempiere alle "ineliminabili (anche sul piano costituzionale) forme di integrazione e di sostegno" a favore degli alunni diversamente abili - sentenza n. 52 del 2000 “. La stessa sentenza n. 80 del 2010 richiama l’esigenza di partecipazione “alle attività - percorsi di alternanza lavoro. In caso contrario “Sarebbero, altresì, violati gli artt. 4, primo comma, 35, primo e secondo comma, in relazione all’art. 38, terzo comma, Cost., in quanto da tale violazione deriverebbe l’impossibilità per il disabile grave di conseguire «il livello di istruzione obbligatoria prevista», «quello superiore» e «l’avviamento professionale propedeutico per l’inserimento nel mondo del lavoro»".

    L’attività dell’insegnante di sostegno non può essere richiesta da parte dell’istituzione scolastica senza un riconoscimento professionale - Corte dei Conti - Sicilia – Sentenza n. 260 del 05-02-2010 “l’insegnante di sostegno è un docente a tutti gli effetti, che svolge la sua funzione didattica non soltanto, com’è ovvio, in favore degli alunni disabili affidati alle sue cure ma anche di tutta la classe in cui essi sono inseriti, partecipando alla programmazione ed al coordinamento dell’attività educativa in posizione di pari dignità istituzionale rispetto agli altri insegnanti”. In mancanza di altri fondi previsti dal CCNL 2006-2009 e contratto integrativo d’istituto le risorse economiche per il pagamento delle competenze professionali dei docenti di sostegno (percorsi di alternanza scuola-lavoro) possono essere determinate dalla legge n. 440/97 (piano di riparto dei fondi per l’arricchimento e l’ampliamento dell’offerta formativa e per gli interventi perequativi) “ risorse finanziarie per progetti che implementino procedure, buone pratiche per il progetto di vita dell’alunno con disabilità, con particolare riguardo all’istituto dell’alternanza scuola – lavoro”. Inoltre è possibile l’ulteriore determinazione di fondi dal D.M 821 dell’11/10/2013 e D.D. n. 39 del 6/11/2013.

    Fonte: CIS (07 gennaio 2014)

    canecheride
     
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    In Italia si va verso i licei di 4 anni, negli Usa si sperimentano quelli da 6. Nascono i P-Tech, modello integrato di scuola, università e azienda

    Sono anche dette ‘hollege’, dalla fusione tra high school e college, le nuove scuole superiori pubbliche americane che, con alle spalle sponsor come IBM, promettono una formazione spendibile e un buon successo lavorativo anche senza fare l’università.

    La prima P-Tech ha visto la luce nel 2011 a New York, ma ne stanno già per nascere altre 29. Un modello interessante che promuove la saldatura tra formazione professionale e istruzione secondaria di cui tanto si parla anche in Italia, ma che richiede anche non indifferenti investimenti economici, già stanziati in circa 730 milioni di euro dal Presidente Obama in persona.

    La svolta dovrebbe stare nell’associate's degree, il titolo di studio che ottiene chi frequenta un P-Tech (Pathways in Technology Early College High School), garanzia di un percorso che ha testato non solo la preparazione teorica degli studenti sulle discipline più richieste nel mondo del lavoro, ma anche la loro capacità di stare in azienda dopo aver ricevuto il mentoring professionale di un manager.

    A parte la durata, che è di sei anni a fronte dei tradizionali quattro, è qui che, infatti, risiede la differenza tangibile tra un P-Tech e le altre scuole: in questi istituti di nuova generazione le realtà produttive giocano un ruolo fondamentale perché, come nel caso della IBM a New York, mettono a disposizione loro risorse interne che diventano 'tutor' degli studenti.

    Non si deve però pensare che l’unica mission sia quella di sfornare buoni lavoratori per le aziende sponsor e che, quindi, la maggior parte del tempo si trascorra in azienda: le materie di studio ci sono eccome e si concentrano in particolare su scienza, ingegneria, tecnologia e medicina (l’acronimo in inglese è Stem, da cui Stem School, come vengono anche più familiarmente chiamati i P-Tech), con un occhio di riguardo all’Information Technology. Una parte significativa del curriculum ha, infatti, lo scopo di preparare i ragazzi anche alla frequenza del college, qualora volessero intraprenderlo, e per agevolarli è loro consentita la frequenza delle lezioni del New York City College of Technology.

    L’obiettivo è portare i giovanissimi studenti neodiplomati a salari che si aggirino attorno ai 40.000 dollari all'anno con lavori da specialisti di software o di esperti che rispondono alle domande dei clienti commerciali o degli utenti di PC, assicurando però loro anche concrete opportunità di carriera.

    Insomma, sicuramente un passo interessante nel percorso di riforma dell'istruzione secondaria e post-secondaria che riguarda gli Usa come tutti i Paesi alle prese con la grande rivoluzione degli ultimi anni, ma non si può non notare che il modello pedagogico alla base di queste scuole così innovative è completamente capovolto rispetto a quello standard. Stanley S. Litow, presidente della Fondazione Internazionale di IBM , braccio filantropico della società, intervistato dal New York Times ha detto che il curriculum P -Tech è stato elaborato mappando all'indietro quello standard di un dipendente IBM: così sono venute fuori le abilità e le conoscenze che servono maggiormente all’azienda.

    Fonte: Eleonora Fortunato (03 marzo 2014)

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    Decreto formazione in azienda. Pellegatta (Disal): “Così fanno morire l’alternanza scuola lavoro. Pericolo effetto boomerang”

    Per il dirigente Disal lo schema di decreto presentato lo scorso 8 aprile ai sindacati è un disastro, scritto da chi non sa nulla di quello che succede a scuola e in azienda: aumento della burocrazia per l’avvio dei protocolli, nessun investimento finanziario, aggravi di lavoro per i tutor aziendali.

    “E visto che sono già alla stesura delle linee guida, c’è il rischio che la bozza vada avanti così com’è, bloccando totalmente l’alternanza nel nostro Paese”. Ciliegina sulla torta: la materia è stata divisa tra due sottosegretari, “in modo da rendere praticamente impossibile qualsiasi decisione”.

    “Insomma, un pasticcio”. E’ sconsolato il tono del responsabile Disal (Dirigenti scuole autonome e libere) Roberto Pellegatta, e lui che in Brianza dirige un istituto professionale capofila di un progetto di rete sulla lavorazione del legno e dei mobili (settore strategico per il made in Italy) di alternanza scuola-lavoro qualcosa dovrebbe capirne. “Probabilmente il documento è il frutto dello zelo di qualche volenteroso funzionario del Miur, che però non di sa di che cosa parla”.

    Le critiche di Pellegatta si appuntano sul modo stesso in cui è stato scritto il documento: “Risulterà inapplicabile, mi sembra solo un modo da parte del Miur per mettersi a posto la coscienza, pur sapendo che così com’è non porterà da nessuna parte”. Sul sussidiario.it Pellegatta ha pubblicato una dettagliata requisitoria che scandaglia i punti di maggiore ambiguità o erroneità della bozza, a partire dall’assenza di più totale di risorse finanziarie da parte dello Stato, condizione in cui si annida l’idea che un intervento così strutturale possa e debba basarsi su una gigantesca azione di volontariato da parte delle aziende.

    E non è finita qui: “Quando si dice che le aziende dovranno firmare protocolli di intesa con tre ministeri - prosegue il dirigente Disal - si dà uno schiaffo all’autonomia e si rende ancora più farraginosa la burocrazia. Quali imprese vorranno continuare ad accollarsi tutti questi impicci, visto che in cambio continueranno a non percepire nulla?”. Non è soltanto l’aggravio burocratico a preoccuparlo: “E’ messo nero su bianco che ai tutor aziendali spetti anche la certificazione delle competenze dei ragazzi, facendo gravare su di loro una funzione valutativa che invece dovrebbe continuare a essere compito esclusivo della scuola, visto che l’alternanza scuola-lavoro è propedeutica all’acquisizione di un titolo di studio e non di una semplice qualifica”.

    Se si parla di raccordo tra didattica e esperienza in azienda, l’altro punto che lascia perplesso il nostro interlocutore è la mancanza di corrispondenza tra curricoli e attività in azienda, quasi che queste ultime non fossero pensate come un momento del percorso curricolare, ma piuttosto come attività estemporanee che non hanno nulla a che fare con la didattica. “Confondono poi la figura dello studente con quella dell’apprendista – aggiunge Pellegatta - quando tutti i regolamenti vietano che gli apprendisti siano iscritti a percorsi di studio secondari. Dove, invece, questa sarebbe potuta risultare proficua, cioè per l’adempimento dell’obbligo scolastico (e non quindi per il conseguimento della maturità), non se ne fa alcun accenno”.

    “Il rischio più grande – conclude - è che la bozza vada avanti così com’è e si trasformi in un boomerang, rendendo ancora più difficile quello che già adesso si sta facendo con estrema difficoltà. Se davvero il carico di impegni previsti a carico delle aziende diventasse vincolante, nessuna più vorrebbe partecipare a queste esperienze”. La ciliegina sulla torta, ci fa notare infine, è che la materia dell’alternanza scuola lavoro sia stata sdoppiata, a livello di deleghe, tra i due sottosegretari Toccafondi e D’Onghia “in modo da rendere ancora più difficile, se non impossibile, qualsiasi decisione in merito”.

    Fonte: Eleonora fortunato (05 maggio 2014)

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    Il modello duale tedesco della formazione e dell'istruzione è nei piani del ministro Giannini

    Il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini ha visitato, durante la sua due giorni torinese, Piazza dei Mestieri, il centro di formazione professionale della Compagnia delle Opere, che il ministro ha definito "un modello veramente virtuoso perché la formazione diventa veramente efficace solo se si abbina a un processo educativo".

    Il ministro vuole mettere il tema della formazione professionale al centro delle politiche del suo ministero. Ha quindi intenzione di nominare un direttore generale proprio per avere un referente tecnico con questa competenza nel gabinetto del ministro.

    Oggi 2 milioni di posti di lavoro richiedono professionalità che in Italia mancano, triste primato per noi. L'obiettivo del ministro è quello di mettere insieme scuola e formazione, sul modello tedesco.

    Ma cos'è questo modello? E' un sistema duale che specializza il lavoro. La formazione è un fattore indispensabile nella società tedesca. Si contraddistingue dagli altri paesi europei per la sua dualità che si manifesta nelle modalità di svolgimento e erogazione degli interventi formativi e nel garantire la rappresentanza degli interessi all'interno delle aziende.

    In Germania, prima di intraprendere qualsiasi professione è necessario seguire un percorso di formazione duale, costituito da pratica e teoria. Il percorso formativo dura da due a tre anni e si attua in due luoghi differenti: nelle Scuole professionali (1 -2 giorni alla settimana) dove vengono erogati i contenuti teorici e nelle aziende o in centri di formazione (3- 4 giorni alla settimana) per l'acquisizione delle competenze professionali.

    I Centri di formazione professionale extra-aziendali (UBS) si distinguono da scuole e aziende. Il loro obiettivo primario è fornire le conoscenze necessarie agli apprendisti provenienti da piccole aziende. Ad esempio, il centro di Passau si occupa di formare giovani inesperti alla progettazione, costruzione di veicoli, creando un certo equilibrio con i giovani provenienti da grandi realtà come la Bayerischen Motorenwerke BMW di Dingolfing.

    I costi della formazione sono a carico sia dei Länder e dei comuni, che delle stesse aziende. Il sistema duale è continuamente oggetto di riforme per la definizione di nuove figure professionali (attualmente 360 ) e la nascita di nuovi settori occupazionali.

    Tali riforme sono attuate dal Ministero federale per la Cultura, l'Economia, la Ricerca e la Tecnologia (BMBF) di concerto con le parti sociali, ossia sindacati e associazioni di imprenditori. La formazione professionale è regolamentata dalla legge del 14.8.1969 (BBiG) che definisce lo status dei giovani in formazione, secondo un duplice senso.

    Sono giuridicamente considerati studenti della scuola professionale pubblica, ma anche dipendenti con un contratto di lavoro obbligatorio.

    I settori di specializzazione interessati riguardano: economia e amministrazione, metallurgia, elettrotecnica, edilizia, lavorazione del legno, tessile e abbigliamento, chimica, fisica, biologia, stampa, pittura e decorazione degli ambienti, sanità ed estetica.

    Ciascuna professione, oggetto di apprendistato deve basarsi su un Regolamento di Formazione, la cui bozza viene elaborata dall'Istituto nazionale per la formazione professionale (BiBB).

    Per ogni apprendista, in un anno si sono spesi in media 16.435 euro, ma considerando gli introiti dovuti al miglioramento della produzione, tale costo si è ridotto a 2.400 euro.

    Nel complesso, la formazione appare un investimento, perché si creano lavoratori specializzati, diminuisce il costo per nuove assunzioni e si riduce il rischio di assumere personale non adatto.

    Il raccordo tra scuola e formazione, ha detto la Giannini, "è un processo lungo, non si ottiene per decreto. Sono due mondi che devono parlarsi di più. Il fatto è che per un malinteso senso della gerarchia tra i due settori, la formazione è sempre stata vista come “ripostiglio”, mentre è una stanza prioritaria, complementare ma prioritaria. Per questo dobbiamo attivare un dialogo e mettere a punto strumenti tecnici che ci consentano di arrivare alla dualità come principio fondante, la dualità tedesca, per cui educhi e fai lavorare nello stesso momento, non prima una cosa e poi l’altra".

    Per il ministro "questo obiettivo è raggiungibile perché la congiuntura storica lo permette: certe cose si possono fare non solo con la determinazione politica ma anche grazie al contesto generale".

    Fonte: Orizzonte Scuola (12 maggio 2014)

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    Giovani artigiani bocciano il collegamento scuola-lavoro

    Sono i dati che il Censis ha pubblicato relativamente alla ricerca "Giovani, artigianato, scuola" presentata a Roma giorno 7 maggio. Tra i giovani artigiani, chiamati a valutare l'utilità del proprio percorso di studi ai fini dell'inserimento nel mercato del lavoro, solo il 44% degli studenti esprime un giudizio positivo.

    La maggioranza è critica e punta il dito sulla mancanza di specializzazione della formazione ricevuta (35%) e sulla inadeguatezza rispetto alle attuali esigenze del mercato del lavoro (18%). Ma è soprattutto guardando alla funzione di orientamento al lavoro che l'offerta scolastica appare inadeguata.

    Il 56% degli studenti ha ricevuto qualche informazione sul mercato del lavoro dai professori, ma solo il 38% ha partecipato a giornate di orientamento e il 20% a incontri con studenti universitari e giovani lavoratori. Sono davvero sporadici i casi in cui la scuola organizza visite presso le aziende (poco più del 12%), attiva partnership con enti o aziende per far fare ai giovani esperienze di lavoro (8%), favorisce i contatti tra giovani e aziende (4%).

    Fonte: Orizzonte Scuola (31 maggio 2014)

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    Alternanza scuola - lavoro dal 2014/15, la risposta del Miur alla disoccupazione giovanile

    Al via la nuova frontiera dell'alternanza scuola-lavoro. Parte infatti dal prossimo anno scolastico, il 2014/2015, la sperimentazione dell'apprendistato per gli studenti del quarto e quinto anno delle scuole superiori.

    Un'innovazione assoluta per la scuola italiana che offre una risposta concreta ai dati allarmanti diffusi dall'Istat sulla disoccupazione giovanile. Obiettivo della sperimentazione, infatti, è consentire agli studenti italiani di inserirsi in un contesto aziendale già prima della conclusione del loro percorso scolastico e del diploma, alternando la frequenza scolastica con la formazione e il lavoro in azienda.

    "L'apprendistato a scuola consentirà ai nostri giovani di affrontare con le giuste competenze e a testa alta un mercato del lavoro sempre più competitivo e alla ricerca di profili specializzati", sottolinea con soddisfazione il Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca Stefania Giannini. Il decreto interministeriale (Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca, Ministero del Lavoro, Ministero dell'Economia) che definisce il programma sperimentale è stato firmato da tutti i ministri coinvolti. "Questo governo - spiega Giannini - è riuscito a portare a casa un provvedimento che segna una svolta nel rapporto fra scuola e mondo del lavoro e che era atteso da molto tempo sia dalla Scuola che dalle stesse imprese alcune delle quali, come l'Enel, sono già pronte a partire".

    "Questo provvedimento" -sottolinea il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Giuliano Poletti- "è un'altra testimonianza dell'impegno del governo per favorire nuove opportunità di ingresso nel mercato del lavoro dei giovani, assicurando loro un'adeguata qualificazione professionale ed una valorizzazione delle competenze. Così come per il piano nazionale Garanzia Giovani, che ad un mese dall'avvio registra già una larga adesione da parte dei destinatari, per il pieno successo di questo nuovo strumento sarà determinante il ruolo delle imprese. Per questo le invitiamo a fare la loro parte, a dare un contributo attivo per aiutare i giovani e costruire il futuro del paese".

    I Ministeri dell'Istruzione, del Lavoro e dell'Economia hanno trovato l'intesa sui principi che apriranno le porte delle aziende agli studenti, singolarmente o coinvolgendo l'intera classe. Prima di arrivare alla Convenzione con la singola scuola, l'azienda interessata sottoscriverà un Protocollo d'intesa con il Miur e il Mlps (o gli uffici periferici dei Ministeri) e le Regioni interessate per specificare: gli indirizzi di studio coinvolti, i criteri per individuare scuole e studenti, le modalità per assicurare ai giovani l'eventuale rientro nei percorsi ordinari, il numero minimo di ore da svolgere sul posto di lavoro, i criteri per il monitoraggio e la valutare della sperimentazione. L'impresa dovrà, ovviamente, dimostrare di avere le carte in regola per la formazione degli apprendisti anche minorenni, di rispettare le norme sulla sicurezza, di avere capacità occupazionali coerenti con le norme sull'apprendistato.

    Ogni studente-apprendista sarà accompagnato da un "piano formativo personalizzato", che esplicita il percorso di studio e di lavoro, e da un sistema tutoriale che vede congiuntamente impegnati il tutor aziendale, designato dall'impresa, e il tutor scolastico, individuato tra gli insegnanti del Consiglio di classe in possesso di competenze adeguate. Per agevolare il loro compito sono previste specifiche attività formative, anche congiunte, a carico dell'impresa. Notevoli gli spazi di flessibilità a disposizione delle scuole: per l'interazione tra apprendimento in aula ed esperienza di lavoro potranno utilizzare fino al 35% dell'orario annuale delle lezioni. Per gli Istituti tecnici e professionali si tratta, ad esempio, di un massimo di 369 ore su 1.056, ovvero di margini di autonomia nettamente superiori rispetto a quelli di cui le istituzioni scolastiche dispongono solitamente per organizzare la propria offerta formativa 'libera'.

    È un segnale della rilevanza che l'amministrazione scolastica attribuisce a questa sperimentazione. I periodi di apprendistato (on the job) sono valutati e certificati e valgono come crediti ai fini dell'ammissione all'Esame di Stato. Per la predisposizione della terza prova scritta la Commissione d'Esame dovrà tener conto dello specifico percorso sperimentale seguito dagli allievi e potrà avvalersi della presenza del tutor aziendale come esperto, senza oneri per la finanza pubblica. A breve partiranno le attività informative per le famiglie e gli studenti delle scuole aderenti al programma sperimentale affinché possano partecipare con consapevolezza alle selezioni. La firma del decreto si inserisce fra le attività che il Miur sta mettendo in campo per ampliare le competenze dei nostri studenti. Un obiettivo perseguito anche dal #Cantiere scuola voluto su questo tema dal Ministro Stefania
    Giannini che vede al tavolo esperti e personale Miur e dovrà produrre proposte e documenti entro l'estate.

    Fonte: Miur (04 giugno 2014)

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    Formazione in azienda, il Decreto definitivo della sperimentazione

    Pubblicato giorno 5 giugno 2014 il Decreto Interministeriale relativo al programma sperimentale per la formazione in azienda degli alunni del IV e V anno delle superiori. Il testo

    Il periodo riguarda il triennio 2014-16 e applica la Legge di conversione del Decreto 104/13 (art. 8 bis comma 2), la quale “contempla la stipulazione di contratti di apprendistato, con oneri a carico delle imprese interessate e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.

    Il Decreto, diviso in 10 articoli, affronta i seguenti argomenti:

    Art 1: oggetto e soggetti del programma sperimentale
    Art 2: Finalità del programma sperimentale
    Art 3: Tipologia di imprese e loro requisiti
    Art 4: Protocollo d'intesa per l'attivazione dei percorsi
    Art 5: Convenzioni tra istituzioni scolastiche e impersa
    Art 6: Diritti e doveri degli studenti
    Art 7: Organizzazione didattica dei percorsi
    Art 8: Tutor scolastico e d'azienda
    Art 9: Valutazione, certificazione e riconoscimento dei crediti
    Art 10: Disposizioni finanziarie

    Scarica il Decreto

    Il sito Indire

    Fonte: Orizzonte Scuola (10 giugno 2014)

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    Alternanza scuola-lavoro: perché non si è aperto solo alle aziende innovative? Toccafondi: “L’Italia non è la Germania. Da noi imprenditorialità diffusa”

    Con un tasso di disoccupazione giovanile ormai prossimo al 50%, non serve essere addetti ai lavori per capire che l’alternanza scuola-lavoro, disciplinata nei nostri ordinamenti dal Decreto Legislativo del 15 aprile 2005, n. 77, negli ultimi anni non ha dato i risultati sperati.

    Adesso a compiere un passo in avanti verso il rafforzamento del raccordo tra formazione e lavoro vorrebbe essere il nuovo decreto interministeriale. Ma facilitare l’ingresso dei giovani diplomati in azienda non sarà facile, e già a una prima lettura sono più d’uno i punti del documento che ci sono parsi deboli.

    Sottosegretario, nell’articolo 1 del decreto si dice esplicitamente che la stipulazione di contratti di apprendistato per l’alta formazione deve avvenire “con oneri a carico delle imprese interessate e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”. Più avanti, all’articolo 8, si specifica anche che “ai fini di un costruttivo raccordo tra l'attività didattica svolta nella scuola e quella realizzata in azienda sono previsti interventi di formazione in servizio, anche congiunta, destinati prioritariamente al docente tutor ed al tutor aziendale, a carico dell’impresa”. Non le pare che l’investimento che si ipotizza da parte delle imprese debba essere un po’ troppo generoso? I tempi sono quelli che sono, perché mai un’azienda dovrebbe decidere di avviare questi percorsi? Si tratta di stimolare una “gigantesca azione di volontariato”, come qualcuno l’ha definita?

    Più che una ‘gigantesca azione di volontariato’ siamo di fronte ad una ‘gigantesca possibilità per i ragazzi’ iniziando a tracciare una strada dove è possibile ‘imparare facendo’. Non sarà la soluzione a tutti i problemi che portano alla fine ad avere una disoccupazione giovanile al 46% ma questa sperimentazione è un messaggio chiaro su quale strada questo Governo vuole percorrere.

    La sperimentazione dell’apprendistato negli ultimi due anni di scuola superiore per i giovani è l’occasione di fare il loro primo ingresso nel mondo del lavoro potendo contare su un percorso integrato di istruzione, formazione e lavoro, costruito ad hoc per consentire loro di acquisire il titolo di studio alternando scuola e lavoro. E, al contempo, è un aiuto all’emergenza delle aziende che, soprattutto in alcuni settori, non riescono a trovare personale adeguatamente qualificato. E’ una novità importante per il nostro Paese.

    Sono convinto che questa sperimentazione presenti vantaggi per tutti i soggetti coinvolti e per le imprese rappresenta un’opportunità piuttosto che un onere. Grazie a questo progetto le aziende possono intervenire concretamente nella formazione dei giovani all’interno al loro percorso di studi per integrare la formazione scolastica con lo sviluppo di quelle competenze che gli studenti, soprattutto quelli degli istituti tecnici e professionali, devono saper padroneggiare per inserirsi efficacemente nel mondo del lavoro.

    L’introduzione dell’apprendistato nell’ultimo biennio della scuola superiore a mio avviso è una grande conquista, perché consente di rispondere alle aspettative di tanti ragazzi che chiedono alla scuola di riservare più spazio alle esperienze concrete e di poter imparare “mettendo le mani in pasta” in ambienti operativi reali, senza dover aspettare il diploma per capire, a proprie spese, come funziona il mondo del lavoro, magari scoprendo che la loro preparazione è distante da quella richiesta.

    Noi stiamo muovendo i primi passi: questa sperimentazione è l’occasione per costruire un modello italiano per acquisire un diploma di scuola secondaria in apprendistato. Intendiamo lavorare inizialmente su numeri contenuti per capire come funziona e a quali condizioni. Seguiremo passo passo, attraverso un attento monitoraggio, lo sviluppo di questi percorsi sperimentali sul territorio per verificarne gli esiti e l’efficacia. Il nostro obiettivo prioritario è di avvicinare i percorsi scolastici alle filiere produttive di riferimento per contrastare la disoccupazione giovanile.

    Tra gli oneri a carico delle imprese rientra anche quella di far ricadere sul tutor aziendale la valutazione delle competenze acquisite dai ragazzi al termine della loro esperienza (art. 8), “sentito il parere del tutor scolastico”. Il tutor aziendale è gravato anche, quindi, della responsabilità della valutazione. Non sarebbe stato più logico il contrario, anche in riferimento alla domanda precedente?

    La novità sta nella totale sinergia tra mondo produttivo e mondo della scuola, tutti e due devono avere come obiettivo il ragazzo e la sua formazione. Infatti la funzione tutoriale accompagna l’intera esperienza dello studente-apprendista, tanto a scuola quanto in azienda. Il tutor scolastico e il tutor aziendale sono i due pilastri del percorso personalizzato con il compito di garantire l’integrazione tra l’apprendimento in aula e quello sul posto di lavoro. Per poter svolgere questo ruolo devono interagire e scambiarsi tutte le informazioni utili a promuovere, in ogni fase, il successo formativo del giovane, apprezzandone i progressi.

    Quando i ragazzi operano nell’impresa, è il tutor aziendale che li affianca e li assiste nel percorso di formazione sul lavoro come un vero e proprio “maestro di mestiere”; è lui che li osserva e che può valutare i miglioramenti; è sempre lui che, in collaborazione con il tutor scolastico, è in grado di fornire alla scuola “ogni elemento atto a verificare e valutare le attività dello studente e l’efficacia dei percorsi formativi” (art.8). È opportuno sottolineare, per non generare equivoci, che la valutazione degli apprendimenti non riguarda solo le due figure tutoriali ma l’intero Consiglio di classe, come previsto dal nostro ordinamento. Tuttavia, in un percorso articolato, svolto in parte a scuola, in parte nell’impresa, ma integrato in un “piano formativo personalizzato”, progettato congiuntamente tra scuola e azienda, è imprescindibile acquisire il parere del tutor aziendale affinché i docenti abbiano tutti gli elementi per valutare ogni fase del processo formativo dello studente-apprendista.

    Nelle linee guida si affronterà in maniera precisa il problema del raccordo tra curricoli e tipo di esperienze da realizzare in azienda? Su questo punto come sulla durata dei periodi in azienda il documento è stato accusato di una eccessiva vaghezza.

    Il programma sperimentale non intende fissare criteri rigidi e universali per il raccordo tra i curricoli scolastici e le esperienze da realizzare in azienda, ma solo stabilire i “paletti” che tutte le scuole e le imprese interessate debbono rispettare. Saranno poi le Convenzioni tra scuole ed imprese che regoleranno operativamente l’organizzazione didattica del percorso sperimentale in relazione al progetto formativo messo a punto congiuntamente, è una scelta che valorizza la responsabilità e l’autonomia delle scuole e del territorio. Lo stesso principio è alla base della possibilità di utilizzare fino ad un massimo del 35% dell’orario annuale delle lezioni va in questa direzione: il decreto interministeriale stabilisce il tetto massimo della quota di flessibilità di cui dispongono le scuole per organizzare questi percorsi, non fissa un limite standard uguale per tutti. Il punto di riferimento per il raccordo tra curricoli scolastici ed esperienze da realizzare in azienda sono i profili professionali che introducono gli indirizzi di studio e i quadri orari dei nuovi ordinamenti.

    All’articolo 3 si affronta il tema dei requisiti delle imprese, ma non si evidenzia l’importanza che si tratti di realtà realmente innovative…

    Il nostro obiettivo è di facilitare l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, questa è la reale innovazione, vogliamo abbattere la disoccupazione giovanile. Per questo abbiamo aperto a tutte le imprese disponibili ad offrire prospettive occupazionali alle nuove generazioni l’opportunità di partecipare al programma sperimentale, senza porre limiti rispetto alla dimensione o ai livelli di innovazione delle aziende. Una scelta che tiene conto della specificità del tessuto produttivo italiano.

    A differenza della Germania, il nostro Paese non è incardinato su poche, grandi aziende che presidiano un numero limitato di grandi produzioni, ma presenta un’imprenditorialità diffusa, spesso specializzata in prodotti di nicchia che sui mercati esteri puntano sulla varietà, sulla differenza, sulla specializzazione: è questo uno dei tratti distintivi del made in Italy, che richiede capacità di lavorare su prodotti competitivi e molto scrupolo nell’educare le risorse umane per non perdere il vantaggio competitivo conquistato dalle generazioni precedenti.

    I ragazzi tedeschi arrivano in azienda prima dei ragazzi italiani, e ci arrivano già attrezzati con un’esperienza di lavoro e pronti ad integrarsi al meglio nella struttura produttiva. Per recuperare lo svantaggio dobbiamo partire dai nostri punti di forza e lavorare unitamente per esprimere una maggiore capacità di innovazione in tutti i settori in cui eccelliamo.

    Fonte: Eleonora Fortunato intervista il Sottosegretario Toccafondi (16 giugno 2014)

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    Privati che finanziano scuole pubbliche, nel "pacchetto scuola". Forse già da settembre

    L'indiscrezione è del Sole24Ore che in un articolo a firma Claudio Tucci e l'anticipazione sta nel fatto che già il "cantiere scuola" sta elaborando un modo per permettere al privato di investire nella scuola.

    Secondo quanto riferito nell'articolo, il Ministero sta studiando una serie di incentivi normativi e fiscali per supportare gli investimenti di imprese o privati (comprese banche o fondazioni) nelle scuole.

    Ad esempio attraverso la sponsorizzazione per la realizzazione di laboratori, acquisto di tecnologia o prolungamento dell'orario di apertura delle scuole.

    Altro obiettivo, l'alternanza scuola-lavoro, con incentivi per le imprese che investono risorse per l'apprendistato degli studenti.

    Proposte, ma che rivoluzionano il modo in cui la scuola si rapporterà con il territorio.

    Leggi l'articolo integrale del Sole24Ore

    Fonte: Orizzonte Scuola (16 luglio 2014)

    scrotino
     
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