Istruzione e formazione professionale in carcere

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    Profumo e Severino firmano Protocollo d'Intesa per istruzione e formazione professionale in carcere

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    Favorire l'istruzione e la formazione professionale dei detenuti e l'aggiornamento di educatori e insegnanti che prestano servizio negli istituti penitenziari. Con il Protocollo d'Intesa firmato oggi presso l'Istituto penale per minorenni di Roma Casal del Marmo, i ministri Francesco Profumo e Paola Severino avviano un programma che intende garantire, a detenuti minorenni e adulti, concrete opportunità di reinserimento sociale e lavorativo grazie all'istruzione e la formazione professionale.

    Nello specifico, obiettivo del Protocollo - che avrà una durata di tre anni - è organizzare percorsi di istruzione e formazione modulari e flessibili attraverso cui i detenuti possano acquisire, o recuperare, abilità e competenze professionali spendibili nel mondo del lavoro. I percorsi formativi potranno contare, secondo quanto previsto dal Protocollo, su materiali didattici anche digitali e laboratori di supporto alle attività scolastiche e formative da allestire all'interno degli istituti penitenziari. Per quanto riguarda i detenuti stranieri, nomadi e con le maggiori carenze educative, saranno attivati laboratori di Italiano allo scopo di favorirne la piena integrazione nel tessuto sociale italiano e potenziarne le opportunità di inserimento lavorativo. A conclusione di ogni anno scolastico e formativo, e nel rispetto delle normative vigenti, potranno essere attivati stage presso aziende, enti pubblici e privati e associazioni per almeno il 10% dei partecipanti alle attività educative, purché abbiano seguito con continuità e profitto l'intero percorso formativo.

    Da parte del Miur, il Protocollo prevede che vengano arricchite le mediateche esistenti presso gli istituti penitenziari, anche attraverso la stipula di opportune convenzioni con le case editrici che aderiranno al programma. Sarà compito invece del Ministero della Giustizia adeguare, compatibilmente con le risorse finanziarie disponibili, le strutture e gli spazi dedicati alle attività di istruzione e formazione negli istituti, anche nell'ambito dei progetti di edilizia penitenziaria. Impegno comune è dotare questi spazi formativi di attrezzature tecnologiche avanzate, che consentano collegamenti virtuali tra carcere e mondo esterno.

    Le attività previste saranno sviluppate anche attraverso rapporti di collaborazione con Regioni ed Enti Locali, quali partner istituzionali specifici, università, fondazioni, associazioni e altri enti istituzionali interessati al Programma. Sarà definita inoltre una rete interistituzionale di Poli (Case Circondariali, Istituti Penali per minorenni, Aree penali esterne ed Istituti Scolastici di riferimento) quali centri di innovazione e di monitoraggio delle azioni programmate a livello nazionale, nonché di valutazione dei risultati ottenuti. Annualmente sarà effettuata una ricognizione dei bisogni formativi dei minori e degli adulti interessati, per evitare duplicazioni di interventi e dispersione di risorse.

    Fonte: MIUR (24 ottobre 2012)

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    Riforma dell'Istruzione in carcere a rischio e con essa il diritto al riscatto sociale

    Nel convegno organizzato dal CESP (Centro Studi per la Scuola Pubblica, presieduto dalla prof.ssa Anna Grazia Stammati) nel carcere romano di Rebibbia si è parlato della “Riforma della scuola per adulti nelle sezioni carcerarie”: notevole la partecipazione di insegnanti carcerari provenienti da tutta Italia, oltre alla presenza di alti dirigenti dei due Ministeri (Istruzione e Giustizia) che nei penitenziari si trovano a condividere gli spazi di intervento. Anche alcuni studenti detenuti hanno fornito la loro testimonianza.

    Oggi in Italia si contano 155 sezioni che hanno attivato corsi scolastici su un totale di 275 strutture di detenzione, ma siamo ancora lontani dalla piena attuazione della previsione normativa, volta a garantire il diritto all’istruzione a tutti i cittadini, senza esclusione per chi è privato della libertà.

    Ma la minaccia più grande proviene appunto dalla riforma che, per le solite esigenze di bilancio, ha previsto con il passaggio dei bienni ai CPIA, 3 anni di corso al posto degli attuali 5, le riduzioni orarie e di organico con la limitazione di 10 docenti ogni 160 iscritti, rischiando così di far chiudere la maggior parte delle scuole in carcere, ma soprattutto ponendo fine allo scopo della loro nascita, che è “trattamentale e rieducativa" , ma soprattutto quello di restituire dignità civile alla persona e possibilità di riscatto nella società, valori senza prezzo per tutta la comunità.

    Fonte: Giulia Boffa (26 novembre 2012)

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    Violenze in carcere: chi sta con i poliziotti penitenziari impenitenti

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