Formazione degli insegnanti, parere favorevole della VII commissione, ma con condizioni

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    CNAFAM su Decreto sulla formazione dei docenti

    Il Coordinamento nazionale per la riforma della formazione artistica, musicale e coreutica ricorda che il DM sulla formazione dei docenti entrerà in vigore il 15 febbraio 2011. I nuovi percorsi di formazione dei docenti di tutti gli ordini e gradi di scuola, affidati all'Università e all'AFAM, dovrebbero avere inizio a partire dal prossimo anno accademico. Per le classi di abilitazione all'insegnamento di materie artistiche, musicali e coreutiche nella scuola secondaria di secondo grado sarà emanato un decreto successivo.

    Il CNAFAM continuerà a vigilare, anche in sede di decretazione successiva, allo scopo di garantire una selezione accuratissima e trasparente del corpo docente delle discipline artistiche, musicali e coreutiche, in modo che:

    1) la formazione musicale di base, affidata all'indirizzo musicale e ai licei, sia adeguata agli standard qualitativi assicurati finora dalle Istituzioni AFAM;

    2) siano salvaguardati i livelli (qualitativi e quantitativi) in entrata nelle Istituzioni AFAM, alle quali resterà demandata la parte superiore e terminale degli studi artistici e musicali.

    Fonte: Domenico Piccichè (07 febbraio 2011)

     
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    Docenti non abilitati: come ti faccio sparire due anni di formazione senza che nessuna se ne accorga

    Il Decreto Ministeriale 249 del 10 Settembre 2010, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 31 gennaio 2011 che entrerà in vigore il 15 febbraio 2011, per quanto riguarda la formazione iniziale dei docenti delle scuola secondaria di I e II grado è un classico gioco di prestigio: rispetto alle Ssis, ovvero al precedente percorso abilitante, spariscono ben due anni di formazione. Ma di questo ennesimo colpo di mano alla Scuola Pubblica nessuno sembra effettivamente accorgersi: forse neanche gli addetti ai lavori.

    Per smascherare l’arcano marchingegno che si cela nel cappello ministeriale basterebbe un piccolo calcolo: asettico, burocratico. Spesso le logiche ministerial-burocratiche si rivelano un buon viatico per orientarsi nei labirinti della imperscrutabile sapienza governativa: lasciano sempre una traccia.

    Leggiamo dal DM 249 che il nuovo percorso abilitante per i suddetti futuri aspiranti-insegnanti-disoccupati prevede un classico 3+2 universitario più 1 anno di TFA, altrimenti detto Tirocinio Formativo Attivo. Tralasciamo – per decenza – qualsiasi considerazione specifica riguardo la sensatezza della formula ‘Tirocinio Formativo Attivo’ la quale, nella sua assoluta tripartita ridondanza, conferma per l’ennesima volta la desolante e grottesca deriva del linguaggio della cosiddetta pedagogia scolastica, la cui funzione sembra essere soltanto quella di riempire pile di fogli senza dire assolutamente nulla.

    Ma veniamo a noi. Il percorso delle Ssis prevedeva una laurea di vecchio ordinamento – che a seconda degli insegnamenti poteva durare 4 o 5 anni – più 2 anni di Scuola di Abilitazione, nella quale era previsto un tirocinio tout court (il quale era ‘formativo’ per definizione e passivo/attivo a seconda delle situazioni: ma ‘ascoltare e guardare’ è un’attività passiva?).

    All’epoca della riforma universitaria del 3+2, la logica burocratico-ministeriale di ascendenza berlingueriana aveva stabilito un’equazione molto precisa: la laurea di vecchio ordinamento vale tanto quanto il nuovo percorso universitario comprensivo del 3+2. Questo per un motivo ben preciso: perché erano ben consapevoli di aver abbassato sia in termini quantitativi che qualitativi (altra coppia tanto cara al didattichese stretto, con buona pace di tutta la cultura filosofica almeno da Hegel in poi: siamo in ritardo di quasi due secoli!) la consistenza dei programmi di studio. Tutto questo per adeguarci agli standard europei.

    Ovviamente non si può elevare a criterio assoluto l’equipollenza dei titoli di studio stabilita tra le due lauree – vecchia e nuova – ma è un buon punto di vista per svelare il gioco di prestigio. Teniamo fermo quindi il principio che il vecchio titolo di laurea equivalga al 3+2 anche in termini di effettiva formazione: abbiamo la situazione paradossale che il nuovo percorso di abilitazione prevede un solo Tirocinio Formativo Attivo di 1 anno, là dove gli insegnanti abilitati con le Siss avevano frequentato 2 anni di scuola e un periodo di tirocinio.

    Il risultato è evidente: i 2 anni di specifica laurea magistrale previsti dal DM 249 non sono altro che gli equivalenti dei 2 anni di Ssis; il Tirocinio Formativo Attivo prende il posto del tirocinio che gli ex-sissini – mentre lavoravano già a scuola come supplenti (n.d.r vedi alla voce ‘Tirocinio Formativo Attivo’ retribuito) – avevano frequentato nell’arco dei 2 anni.

    Risultato: abbiamo scippato alla classe docente ben due anni di formazione disciplinare, per sostituirli con 2 anni di formazione magistrale specifica per ogni insegnamento – per altro già previsti nel precedente percorso delle Ssis.

    Che ci sia bisogno di cultura pedagogica nella scuola è fuori di dubbio, che con la sola ‘cultura pedagogica’ si possa pensare di insegnare Qualcosa mi sembra un po’ più difficile. Se poi la cosiddetta cultura pedagogica è quella delle ‘competenze trasversali’ e della tanto fantasiosa quanto ridicola e dogmatica differenza tra ‘sapere’ e ‘saper fare’ (se so l’inglese, so anche fare una traduzione dall’inglese?), stiamo freschi! Ma sappiamo cosa stiamo facendo?!?

    Fonte: Emanuele Rainone (08 febbraio 2011)

     
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    Formazione iniziale docenti: per i “Sissini” disoccupati oltre il danno la beffa

    Il DM 249 sulla Formazione iniziale docenti è un documento davvero molto strano. Una prima osservazione sembra imporsi fin da subito con una certa cogenza: i docenti che hanno frequentato le Ssis per abilitarsi sono stati letteralmente truffati: di quel percorso di formazione di 2 anni compreso tirocinio si poteva fare a meno. Su questo l’evidenza testuale del DM 249 è incontrovertibile: l’art. 15 sulle norme transitorie infatti dice espressamente che sono ammessi al solo tirocinio attivo coloro che avevano i requisiti per l’accesso alle Scuole di Specializzazione o i possessori di una laurea magistrale.

    Questo passo rivela l’intero senso del provvedimento: a parità di titolo (vedi ‘requisiti d’accesso alle Ssis’) se il collega ‘sissino’ ha dovuto frequentare due anni compreso il tirocinio, il collega delle norme transitorie potrà abilitarsi con un solo anno di TFA. Aritmeticamente abbiamo un anno di differenza. Ma dal punto di vista della effettiva formazione gli anni in realtà sono due: se andiamo a dare un’occhiata alle attività previste per il TFA (art.10) scopriamo che ricalcano perfettamente quelle del tirocinio delle Ssis, con la sola differenza che il monte ore di tirocinio diretto e indiretto è di 475 ore rispetto alle 300 delle Ssis. Tenendo presente che con tirocinio attivo si intende ‘fare lezione’ e con tirocinio indiretto ‘osservare il fare lezione’, la differenza tra 300 e 475 è irrisoria. Gli anni in meno sono due. Questo il danno.

    Quanto alla beffa, dobbiamo andare a leggere l’art. 5 comma 2 in cui si dice che ‘il numero complessivo dei posti annualmente previsti per l’accesso ai percorsi è determinato sulla base della programmazione regionale degli organici e del fabbisogno di personale docente nelle scuole statali (seguivano alcune parole non ammesse al “Visto” della Corte dei conti)’.

    Con 300.000 precari in graduatoria permanente - molti dei quali sono proprio abilitati Ssis e disoccupati – non si capisce come si possa parlare sensatamente di ‘fabbisogno di personale docente’.

    Possiamo immaginare – come peraltro è stato spesso anticipato in modo informale da varie fonti sia ministeriali che sindacali – che una parte dei posti disponibili saranno destinati ai nuovi abilitati e la restante parte verrà utilizzata per ‘assorbire’(come dice il Ministro Gelmini) i precari già abilitati.

    Per capire dove sta la beffa, prendiamo un caso specifico: una precaria abilitata Ssis che non è mai riuscita a fare una supplenza o che ne ha fatte talmente poche da non riuscire a guadagnare i soliti 12 punti annuali e che quindi è rimasta ‘indietro’, insomma che ha pochissime speranze di ‘entrare nel giro’.

    Prendiamo questo caso e confrontiamolo con il futuro insegnante abilitato con le norme transitorie del DM 249. Il futuro insegnante che avrà fatto un percorso di formazione più breve di un anno (di vita, ma di formazione sono ben due gli anni abbonati) avrà un percorso privilegiato e molte più possibilità di entrare nella scuola - le voci ministerial-sindacali solitamente parlano del 30% dei posti disponibili – rispetto alla collega abilitata Ssis con due anni di formazione alle spalle in più e un futuro da perfetta disoccupata, cornuta e mazziata.

    Con buona pace di tutti i discorsi sul merito, la qualità della scuola e altre colossali balle del genere.

    Mi chiedo se non ci siano gli estremi per un ennesimo ricorso alla Corte Costituzionale per violazione del principio d’eguaglianza.

    Il decreto

    Fonte: Orizzonte Scuola (15 febbraio 2011)

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    Nuovo sistema di reclutamento. Pittoni svela il suo piano segreto

    All'incontro con i precari del Movimento precari No pettine di Prato, organizzato da Lega Nord Toscana, il sen. Pittoni svela il contenuto del piano, finora segreto, per privilegiare i docenti precari del Nord.

    Il piano segreto consisterebbe in test di valutazione per accertare che i titoli acquisiti dai meridionali siano meritati. Perchè è questo il punto su cui insiste l'On. leghista, i titoli dei docenti meridionali non sono stati conseguiti con merito e, in quanto meridionali, questi docenti qualche inganno lo hanno pur commesso. Tutto sta nell'indagare. Senonchè, ad indagare bene, a quanto pare, le carte false non hanno confini se è vero quanto riportato dalla "Tribuna" di Treviso circa una donna Trivigiana che avrebbe falsificato i documenti per iscriversi in graduatoria per ottenere un posto da docente o un ruolo da bidella in una delle scuole della provincia.

    Nessun cambiamento, sembrerebbe, per quanto riguarda le graduatorie provinciali, che rimangono. Ma il senatore propone un doppio canale con la creazione di una graduatoria "regionale a gestione provinciale", "nuova creatura" che non è stata svelata del tutto, ma che sostituirà le GM e che odora di albo regionale cui accedere tramite prova. Ovviamente l'arruolamento prevederà una ripartizione 50 e 50 tra le due liste, con possibilità, per i precari storici delle GaE, di iscriversi in entrambe le graduatorie.

    Lasciamo allo stesso Pittoni l'onere di spiegarsi, attraverso le dichiarazioni rilasciata a Miriama Monteleone e riportate in http://iltirreno.gelocal.it.

    «La proposta che ho presentato andrà a rivedere quei meccanismi fino ad oggi "rimaneggiabili" di attribuzione dei punteggi. Al Sud, dove i posti di lavoro sono inferiori, molti docenti tramite insegnamento in scuole private e finti titoli comprati online, risultano avere molti più punti dei docenti di altre regioni e potenzialmente con il pettine potrebbero superare chi fino ad oggi ha investito su una provincia».

    «Prometto una graduatoria in grado di filtrare i meriti- aggiunge il senatore della Lega- magari imponendo un test di valutazione per verificare i punteggi dichiarati, appositamente redatto da commissioni territoriali. Resteranno le graduatorie provinciali e una regionale a gestione provinciale».

    Fonte: Orizzonte Scuola (21 marzo 2011)

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    Proposta della Lega sul nuovo reclutamento. Chiarimenti

    L'articolo proposto ieri dalla redazione "Nuovo sistema di reclutamento, Pittoni svela il suo piano segreto" ha suscitato varie e contrastanti reazioni, per le informazioni particolarmente importanti in esso contenute.
    Preme innanzitutto sottolineare che oggetto dell'articolo era il futuro sistema di reclutamento dei docenti, e non le modalità di aggiornamento/blindatura delle graduatorie ad esaurimento, di cui si attendono le indicazioni da parte del Ministero in questi giorni.
    Secondo quanto riportato da alcuni organi di stampa il nuovo sistema di reclutamento prevederebbe il mantenimento della graduatoria provinciale e la creazione di una graduatoria regionale a gestione provinciale.

    Fonte: Orizzonte Scuola (22 marzo 2011)

     
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    Riforma del reclutamento, una "Tavola rotonda" in Sicilia ci spiega meglio il progetto. Coinvolti anche i precari storici

    A quanto pare il nuovo sistema di reclutamento cambierà le regole anche per i precari attualmente iscritti in graduatoria. Già dal 2012/13 le immissioni in ruolo potrebbero essere fatte con le nuove regole. Restano ancora alcuni dubbi da chiarire.

    Venerdì, presso l'Istituto Alberghiero "P. Borsellino" di Palermo si è svolta una "Tavola rotonda" per presentare l'idea di Lega e Governo sulle graduatorie regionali. Il progetto presentato ha fatto chiarezza su alcuni passaggi del progetto. Presenti il Sen. Mario Pittoni (Lega Nord), il Sen. Ferrara (Pdl), il Dott. Bocchieri (segreteria tecnica del ministro), il Dott. Giuseppe Italia (vicario del vacante posto del D. G. dell’USR Sicilia), l’on. Tonino Russo (PD), l’on. Alessandra Siragusa (PD), il sen. Giovanni Pistorio (MPA). In sintesi.

    Albi regionali

    Saranno istituiti degli "albi regionali" divisi in due canali: A e B.

    Nel canale A confluiranno gli iscritti alle graduatorie ad esaurimento di tutte le province della regione. All'interno dell'albo, i candidati saranno iscritti nella graduatoria della provincia scelta nel 2007. L'aggiornamento avverrà ogni due anni.

    Nel canale B confluiranno gli abilitati con il nuovo sistema di formazione dei docenti.

    Gli iscritti al canale A potranno spostarsi nel canale B?

    Si, ma a patto di sostenere un esame portando il 20% del proprio punteggio dal canale A al canale B e sostenendo un test d'accesso per il restante 80% del punteggio. Lo spostamento nel canale B non prevederà la cancellazione dal canale A, ma la presenza in entrambe le liste.

    I nuovi abilitati iscritti nel canale B potranno trasferirsi anche nel canale A?

    No

    Immissioni in ruolo

    Le immissioni in ruolo avverranno per un 50% dal canale A e un 50% dal canale B. Ovviamente i precari storici presenti in entrambi i canali avranno più possibilità.
    Per gli anni che precederanno l'avvio dei nuovi corsi di formazione, le immissioni in ruolo avverranno soltanto dal canale A. Secondo quanto riportato dal quotidiano "Il Messaggero" di giorno 30 marzo a pagina 14 (vedi articolo integrale riportato più in basso), tale ipotesi potrebbe essere attuata già dal 2012/13. Secondo quanto riferito durante il dibattito l'immissione in ruolo non avverrà immediatamente, ma dopo tre anni di contratto a tempo indeterminato e superamento di concorso (sebbene su quest'ultimo punto ci sono ancora alcuni dubbi). Non si è bene conpreso se i tre anni di prova con concorso riguarderanno anche i docenti del canale A.

    Le "graduatorie di merito"?

    Nessuna notizia a riguardo. Possiamo formulare due ipotesi:
    1. scompariranno con la creazione degli albi regionali;
    2. le graduatorie di merito non scompariranno, da esse si attingerà per il 50% fino all'avvio del canale B.

    E i trasferimenti?

    Su questo punto possiamo formulare soltanto delle ipotesi.
    1. non sono previsti trasferimenti;
    2. non sono previsti trasferimenti da un albo regionale ad un altro, ma soltanto da una provincia all'altra all'interno della stessa regione;
    3. il trasferimento può avvenire, ma dopo aver superato un esame che ti ricolloca nella graduatoria di approdo;
    4. il trasferimento può avvenire liberamente trasportando il proprio punteggio da un albo reginoale all'altro e inserendosi a pettine.

    Fonte: Orizzonte Scuola (03 aprile 2011)

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    DOCENTI, TORNANO I CONCORSI. ECCO IL PIANO DEL MINISTERO...
    Aggiornamento delle graduatorie, ma senza spostamenti degli insegnanti in province diverse dalla propria

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    ROMA - Aggiornamento delle graduatorie, ma senza spostamenti degli insegnanti in province diverse dalla propria. Un pacchetto di assunzioni (potrebbero essere 60mila fra docenti e Ata) fatte sui posti vacanti. Ma anche, dopo oltre dieci anni di assenza, il ritorno dei concorsi nella scuola. Sono i tre livelli su cui sta lavorando il ministero dell’Istruzione per mettere mano alla questione precari e reclutamento. Le sentenze dei tribunali scattate nelle ultime settimane, che hanno dato ragione a docenti mai stabilizzati dopo anni di insegnamento, aprono la strada ad una accelerazione per trovare soluzioni che evitino valanghe di ricorsi e risarcimenti. Un’ipotesi che preoccupa il ministero del Tesoro.

    Ieri è partita una maxi class-action guidata dal Codacons che ha diffidato i ministri Brunetta e Gelmini e che chiede la stabilizzazione per 40mila precari e un risarcimento da 30mila euro per ciascuno. Al ministero si lavora. Anche con un occhio ai concorsi che, «devono ripartire» perché ci sono materie (quelle tecniche e scientifiche) per le quali, soprattutto al Nord, non ci sono più docenti in graduatoria e si ricorre a non specializzati. Sul tavolo della Gelmini ci sono più proposte. Ci sono i disegni di legge, quello del senatore leghista Mario Pittoni, che parla di concorsi e albi regionali, e quello della deputata Pdl Valentina Aprea. Ma si pensa anche a strumenti più snelli, come un regolamento: il consigliere del ministro, Max Bruschi, padre delle nuove regole sulla nuova formazione dei prof, ha già depositato il suo testo. Leggi e regolamento potrebbero camminare in parallelo. Una cosa è certa, spiegano dal Miur, «i concorsi servono e saranno a cattedra»: i posti saranno banditi in base alle necessità, per evitare che si crei altro precariato.

    Le selezioni, poi, saranno su base territoriale: potrebbero essere regionali, provinciali o per reti di scuole. Ma sarà tassativo restare per un numero di anni (indicativamente 5) nella zona dove si viene assunti. Le prime assunzioni fatte su base concorsuale per le graduatorie esaurite potrebbero arrivare «per l’anno scolastico 2012/2013».

    Entro aprile si deciderà lo strumento normativo. Poi si partirà con le procedure. Che dovrebbero prevedere (secondo la bozza Bruschi) una preselezione dei candidati attraverso un test. Poi prove scritte e orali e, solo alla fine, la valutazione dei titoli. Si cercherà di «premiare il merito e la preparazione».

    Intanto si lavora (dopo la sentenza della Corte Costituzionale che ha bocciato l’inserimento in coda dei precari che cambiano provincia) al problema graduatorie.

    E si pensa ai ricorsi dei docenti non stabilizzati che potrebbero riguardare 150mila persone, per risarcimenti compresi fra 4 e 6 miliardi di euro. Ieri c’è stato un incontro Miur-sindacati. Per le graduatorie si procederà all’aggiornamento ma senza consentire cambi di provincia, con una lettura restrittiva della sentenza della Consulta. Ma per la decisione finale si attende un parere dell’Avvocatura dello Stato. Per i ricorsi si lavora ad un pacchetto di assunzioni per stabilizzare i precari sui posti vacanti: si parla di 60mila persone fra docenti e Ata.

    La Uil Scuola chiede un «tavolo politico» per poter affrontare tutti insieme i nodi riguardanti precariato e nuove regole di assunzione. «Bisogna fare i concorsi dove mancano gli insegnanti - spiega il segretario Massimo Di Menna -, fare le assunzioni per coprire i posti vuoti, pensare ad un organico funzionale con contratti pluriennali e prorogare la legge salva precari». La Flc Cgil chiede «la stabilizzazione dei precari» e meccanismi «innovativi» per la gestione del personale. «I temi del reclutamento e del precariato - dice il segretario Mimmo Pantaleo - possono essere affrontati solo agendo contemporaneamente su organici, immissione in ruolo e gestione delle graduatorie». La Cisl Scuola ribadisce la necessità «assumere a tempo indeterminato su tutti i posti disponibili: è questa la via maestra da seguire - spiega il segretario Francesco Scrima - per dare risposte ai precari, ma anche per garantire che il reclutamento segua regole certe. Non è pensabile che siano i ricorsi e le sentenze a decidere chi ha diritto di entrare in ruolo». Anche lo Snals-Confsal e il Pd chiedono di «stabilizzare» il personale.

    Fonte: Alessandra Migliozzi, Il Messaggero (30 marzo 2011)

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    Edited by Steve Hi Power Mc - 5/4/2011, 10:43
     
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    Formazione dei docenti alla metodologia didattica CLIL

    Si è svolto, stamane al MIUR, il previsto incontro di informativa sul piano di formazione dei docenti alla metodologia didattica CLIL (Content and Language Integrated Learning: insegnamento dei contenuti e degli argomenti di una disciplina esclusivamente in lingua straniera), avviato con la nota 10872 del 9.12.2010.

    Sono stati presentati i dati numerici dei docenti della scuola secondaria di secondo grado che hanno chiesto di partecipare ai corsi: circa 8.800 docenti con incarico a tempo indeterminato e circa 4.000 con incarico a tempo determinato.

    La formulazione delle candidature ha consentito di avere un quadro chiaro delle disponibilità e dei requisiti di partenza per l’accesso ai vari livelli del percorso formativo.

    Le disponibilità finanziarie permettono di attivare i seguenti corsi: 30 classi di “metodologia”; 37 classi di “inglese”; 9 classi di “francese”; 2 classi di “spagnolo”; 2 classi di “tedesco”. Ogni classe sarà composta da 25-30 corsisti per un totale all’incirca di 2.000 partecipanti.

    La selezione dei frequentanti si baserà sui seguenti criteri:

    - corsi di “metodologia” - priorità ai docenti in possesso del livello C1 e C2 con una quota fino al 20% per gli incaricati a tempo determinato;
    - corsi di “formazione linguistica”- prevalenza ai corsi B2 (senza escludere il B1), con la possibilità, in alcune realtà, di attivare corsi misti; quota del 10% riservata agli incaricati a tempo determinato; priorità ai docenti dei licei linguistici, in esubero e più giovani d’età.

    La CISL Scuola, nell’esprimere apprezzamento ai docenti e alla loro professionalità certificata e/o autocertificata, ha chiesto che siano garantite le condizioni essenziali per la frequenza proficua del corsi (rimborsi spese di viaggio; flessibilità d’orario; permessi “150 ore” in deroga).

    Fonte: CISL (13 aprile 2011)

     
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    Formazione iniziale degli insegnanti: lauree magistrali dall'a.a. 2011/12

    Attuazione DM 10 settembre 2010, n. 249, recante regolamento concernente: "formazione iniziale degli insegnanti". Trasmesso alla Corte dei Conti per la registrazione.
    Il decreto 04 aprile 2011

    Fonte: Orizzonte Scuola (21 aprile 2011)

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    2011/12, i corsi per l'abilitazione e le nuove lauree magistrali per l'insegnamento. Si ritorna all'università

    In attesa della registrazione alla Corte dei Conti, il ministero pubblica il decreto 04 aprile 2011, di attuazione del decreto sulla "formazione iniziale degli insegnanti". Dall'a.a. 2011/12 corsi di laurea magistrale per l'insegnamento nella scuola di infanzia, primaria e secondaria di I grado. Via libera anche al TFA (l'anno di tirocinio formativo attivo) per la scuola secondaria di I e II grado, ai percorsi di abilitazione per i diplomati di scuola d'infanzia e primaria, al corso di sostegno, al corso di perfezionamento per l'insegnamento di una disciplina non linguistica in lingua straniera.

    I corsi di laurea magistrale

    Le Università possono istituire ed attivare, anche con le modalità di cui al DM n. 249/2010, art. 4:

    a) i corsi di studio di cui all'art. 1, lettera a) presso le Università sedi dei corsi di laurea in Scienze della Formazione Primaria ex lege 341/90 (quadriennale);
    b) i corsi di laurea magistrale di cui all'art. 1, comma 1, lettera b), nel numero massimo di uno per Regione, oppure di uno per gruppo di Regioni, relativamente a ciascuna classe di abilitazione.

    Il TFA

    I percorsi da considerare per il TFA sono due:
    • I TFA attivati al termine delle relative lauree magistrali per l'insegnamento nelle scuole secondarie di primo grado;
    • I TFA da attivare nell'a.a. 2011/12 per chi è già in possesso di laurea.

    Altri percorsi

    Il decreto prevede:
    • i corsi di formazione per il conseguimento della specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità;
    • i corsi di perfezionamento per l'insegnamento di una disciplina non linguistica in lingua straniera di cui all'art. 14;
    • i percorsi formativi finalizzati al conseguimento dell'abilitazione per la scuola dell'infanzia e per la scuola primaria destinati ai diplomati che hanno titolo all'insegnamento nella scuola materna e nella scuola elementare ai sensi del decreto del Ministro della pubblica istruzione 10 marzo 1997 pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 175 del 29 luglio 1997.

    Decreto Ministeriale 4 aprile 2011 n. 139
    Decreto 10 settembre 2010 n. 249

    Fonte: Orizzonte Scuola (22 aprile 2011)

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    Decreto attuativo TFA, ricorsi e varietà.....

    Non vi è traccia dei costi del TFA, nè dell' attivazione sul territorio nazionale, in quanto al momento sia Roma che Torino non hanno ancora deciso nè previsto attivazione di tali corsi, così come molte altre città d' Italia. Intanto la resp.naz. precari SISA Barbara Bernardi ha incontrato il senatore Pittoni.

    Pubblicato sul sito del MIUR il decreto attuativo del DM 10 settembre 2010, n. 249, al vaglio della Corte dei Conti, che come si può leggere direttamente da questo link, fornisce indicazioni sui corsi previsti dalla suddetta legge.

    Come sempre, noi tenevamo sotto controllo la situazione e infatti ci salta subito all' occhio una particolarità di questo decreto, carente di requisiti d' accesso e delle modalità di svolgimento degli ormai noti a tutti “test d'accesso”, prova di fondamentale importanza da superare per poter seguire il percorso universitario.

    Non vi è traccia dei costi di tali corsi, nè dell' attivazione sul territorio nazionale, in quanto al momento sia Roma che Torino non hanno ancora deciso nè previsto attivazione di tali corsi, così come molte altre città d' Italia. Il SISA si chiede quindi cosa deciderà la Corte dei conti in merito, e soprattutto cosa si attiverà a settembre 2011, stante che il decreto dice:

    1) VISTO il D.P.R. 1 febbraio 2010, n. 76, con il quale è stato adottato il regolamento di istituzione dell'ANVUR, e, in particolare, l'art. 3, comma 1, lett. e), il quale prevede che l'ANVUR "elabora e propone al Ministro i requisiti quantitativi e qualitativi, in termini di risorse umane, infrastrutturali e finanziarie stabili, per l'attivazione, la chiusura o l'accorpamento di tutti i corsi di studio universitari, ivi compresi i dottorati di ricerca, i master universitari e le scuole di specializzazione";

    2) CONSIDERATO che l'ANVUR non è ancora operativa;

    3) CONSIDERATO che il fabbisogno di personale docente nelle scuole, determinato a livello regionale, è numericamente esiguo.
    Teniamo conto poi dei ricorsi presentati al TAR, cha a breve dovrà fissare la prima udienza e con essa probabilmente si otterrà la sospensiva del decreto, cosa che a questo punto crediamo sia il male minore, vista l' incertezza che regna sovrana.

    Cogliamo l' occasione per riportare anche l' esito dell' incontro avvenuto a Roma il 20 aprile scorso tra la rappresentante Nazionale precari Barbara Bernardi ed il senatore Mario Pittoni, durante il quale si è parlato della situazione inammissibile dei diplomati magistrali ante 2001, e dei ricorsi presentati al TAR contro il TFA e per il riconoscimento del Diploma stesso. Dal colloquio è emersa la disponibilità e la volontà politica di accogliere le nostre richieste e valutare la fattibilità di alcune modifiche da apportare alla Legge citata in occasione di future consultazioni, che avremo dopo le festività pasquali al fine di risolvere l'annoso problema degli insegnanti non abilitati; dopo tanto parlare finalmente qualcuno disposto ad ascoltare.

    Resta chiaro l' intento del SISA è di andare avanti con la strada intrapresa, per i precari, con i precari e a favore di tutti i precari.

    Il coordinamento

    Fonte: SISA (27 aprile 2011)

     
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    Nota di chiarimenti su Decreto Formazione iniziale docenti

    Nota del 29 aprile 2011 protocollo n.1065 "Nota chiarimenti DM 10 settembre 2010, n. 249 relativo alla Formazione Iniziale Docenti": chiarimenti su titoli di studio validi per l'accesso ai TFA, requisiti di accesso all'abilitazione, attraverso il TFA, alla classe 45/A, percorsi formativi per il conseguimento dell'abilitazione per la scuola dell'infanzia e per la scuola primaria destinati ai diplomati entro l'a.s. 2001/02.

    Articolo 15, comma 1, lettera a): nel punto in cui si fa riferimento ai requisiti previsti dal DM n. 22/2005, per l'accesso alle scuole di specializzazione per l'insegnamento secondario, si intende implicitamente richiamato il DM n. 39/1998, unico riferimento normativo per i diplomi di laurea di Vecchio Ordinamento. Infatti il DM n. 22/2005 integra il D.M. n. 39/1998 con l'inserimento di alcuni diplomi di laurea ex lege n. 341/90 e traduce i diplomi di laurea e gli esami obbligatori in termini di laurea specialistica e di crediti formativi universitari. Per quanto riguarda i possessori di laurea magistrale di nuovo ordinamento valgono gli stessi requisiti minimi e titoli aggiuntivi già stabiliti per i possessori delle corrispondenti lauree specialistiche dal DM 22/2005, colonne 4 e 5 dell'allegato A.

    Per quanto riguarda dunque i possessori di Laurea di vecchio ordinamento ex lege 341/90, in qualunque momento conseguita, i requisiti sono fissati da DM 39/1998 e successive modificazioni e le eventuali integrazioni sono quelle previste nelle relative tabelle.

    * Articolo 15, comma 1, lettera b): rientrano in questa categoria coloro che sono iscritti, nell'a.a. 2010/2011, a corsi di:
    * diploma di laurea ex lege 341/90
    * laurea specialistica ex DM 509/1999
    * laurea magistrale ex DM 270/2004
    * coloro che, entro l'anno accademico 2010/2011, si iscrivano a corsi singoli volti all'acquisizione dei crediti o agli esami necessari a completare i requisiti richiesti per l'accesso (colonna 4, allegato A, DM 22/2005; esami in base alla colonna 2, Allegato A, DM 39/1998).

    Requisiti di accesso all'abilitazione, attraverso il TFA, alla classe 45/A: come è noto, la classe di abilitazione, in virtù del Decreto del Ministro dell'Istruzione, dell'università e della ricerca 26 marzo 2009, n. 37, è stata modificata in "Lingua inglese e seconda lingua comunitaria". I requisiti per l'accesso al TFA risultano dunque dalla somma dei requisiti previsti per la lingua inglese e per la seconda lingua comunitaria prescelta in base ai rispettivi decreti. Fanno ovviamente eccezione gli esami previsti di Linguistica generale (DM 39/1998) che restano limitati a un corso annuale o due semestrali e i 12 crediti nei settori L-LIN 01 / L-LIN 02 (DM 22/2005). A quest'ultimo proposito è opportuno chiarire che l'aspirante assolve al requisito acquisendo: 12 crediti nel settore L-LIN 01 oppure 12 crediti nel settore L-LIN 02 oppure distribuendo i crediti tra i due settori.

    Articolo 15, comma 16: in base al predetto comma, le facoltà che abbiano attivato il corso di laurea in Scienze della Formazione "possono attivare percorsi formativi finalizzati esclusivamente al conseguimento dell'abilitazione per la scuola dell'infanzia e per la scuola primaria destinati ai diplomati che hanno titolo all'insegnamento nella scuola materna e nella scuola elementare ai sensi del decreto del Ministro della pubblica istruzione 10 marzo 1997 pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 175 del 29 luglio 1997". Si intende precisare che il dettato del 249/2010 non muta la previgente normativa e fa salvo il valore del titolo conseguito in ordine all'accesso alla terza fascia delle graduatorie di istituto e alla possibilità di ottenere contratti a tempo indeterminato nelle scuole paritarie. Il titolo finale conseguito attraverso il percorso consente invece di poter accedere alla seconda fascia delle graduatorie di istituto.

    La nota nello Speciale Formazione Docenti

    Fonte: Orizzonte Scuola (07 maggio 2011)

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    Formazione iniziale dei docenti. Una nota schizoide

    La CUB Scuola sulla Nota chiarimenti DM 10 settembre 2010 n. 249 relativa alla Formazione Iniziale Docenti.

    Il 29 aprile 2011 il MIUR è tornato sulla delicata questione della Formazione Iniziale dei Docenti di straordinario interesse perché, leggendola, è possibile formulare due ipotesi:

    - è stata scritta in parallelo da diverse persone ognuna delle quali non sapeva cosa scriveva l'altra e poi fusa a caso in un unico testo;

    - è stata elaborata come test per verificare se, leggendola, ci saremmo accorti che contiene delle contraddizione lampanti. Una sorta di Test Invalsi dedicato agli insegnanti, insomma.

    Infatti il testo in questione afferma che

    - il medesimo titolo, il diploma magistrale abilitante per la primaria, permette l'assunzione a tempo indeterminato nella scuola paritaria mentre non è abilitante per la scuola statale con il suggestivo effetto di valere a corrente alternata visto che lo stesso governo afferma che la scuola paritaria fa parte a pieno titolo del sistema della pubblica istruzione;

    - fa salva la "previgente normativa", quella che riconosceva il valore abilitante del titolo, e nello stesso tempo chiede al personale di abilitarsi di nuovo. Sarà ben vero che repetita iuvant e che le abilitazioni non finiscono mai ma francamente ci sembra che questa volta si esageri.

    Fatto salvo che una presa di posizione meno creativa da parte del MIUR non ci spiacerebbe, la CUB Scuola prosegue nell'azione legale contro una normativa contraddittoria ed iniqua.

    Per la CUB Scuola
    Il Coordinatore Nazionale
    Cosimo Scarinzi

    La nota

    Fonte: Orizzonte Scuola (11 maggio 2011)

     
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    Formazione docenti, numero programmato. Questa volta si fa sul serio

    Un vero e proprio stop al precariato giungerà, se il Governo terrà fede ai suoi intenti, dalle nuove regole sulla formazione dei docenti. Ma ci sono le prime lamentele.

    Parte l'iter per la definizione dei posti che andranno alla formazione dei nuovi docenti. Il MIUR ha chiesto agli Atenei la loro disponibilità in fatto di accoglienza degli studenti, ma il numero sarà deciso da Ministero stesso sulla base della programmazione regionale degli organici e del conseguente fabbisogno di personale docente nelle scuole statali.

    Si formeranno dunque soltanto i docenti che effettivamente sono necessari, facendo i conti anche con i docenti precari stipati nelle graduatorie permanenti. Stop, dunque a nuovo precariato. Una scelta importante che realizza quanto già era previsto dalla formazione dei docenti tramite le famigerate SSIS, ma che era stato puntualmente disatteso formando docenti solo in base alle potenzialità di accoglienza delle Università.

    Questa novità non riguarderà soltanto coloro che sceglieranno il corso per diventare insegnanti, ma anche coloro che già laureati attendono l'avvio del TFA (anno di formazione abilitante). Anche in questo caso di dovrà farei conti con i numeri, che non sono elevati.

    Così, ad esempio in Sardegna, la notizia che il ministro Gelmini abbia comunicato sul sito del Cineca (consorzio che si occupa della realizzazione di sistemi gestionali e servizi a sostegno delle università e del ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca) che per i prossimi tre anni la formazione di giovani laureati per l'insegnamento sarà pressoché azzerata e saranno autorizzati pochissimi posti soltanto per le graduatorie già esaurite e per il sostegno, ha scatenato la reazione dei rettori delle Università sarde di Cagliari e Sassari, i quali hanno così commentato (dal sito sardies.org): "ma il presunto rimedio è peggiore del male. Infatti ha come effetto il continuo progressivo invecchiamento del corpo docente, la demotivazione e l'allontanamento dall'insegnamento dei giovani migliori, a causa della chiusura dei percorsi formazione di insegnanti per la scuola secondaria. Con la conseguenza di far pagare alle giovani generazioni errori di politica del personale degli anni decorsi, i cui effetti si vedono poi anche nei risultati di apprendimento degli studenti".

    Una situazione che con molta probabilità riguarderà molte regioni, dal momento che, come sottolineano i rettori sardi, le scelte ministeriali "sono legate alla diminuzione degli alunni, ai drastici tagli lineari all'istruzione scolastica, all'innalzamento a 65 anni dell'età pensionabile delle donne nel pubblico impiego, alla presenza di lunghissime graduatorie di aspiranti insegnanti e soprattutto all'obiettivo di non ingenerare false aspettative e di non formare nuovo precariato".

    Fonte: Orizzonte Scuola (10 giugno 2011)

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    Prime indicazioni su date selezioni per TFA e Scienze della formazione primaria. Pronti i decreti attuativi

    Selezioni per Scienze della formazione primaria a settembre, selezioni per Lauree magistrali e TFA fra ottobre 2011 e gennaio 2012. E' quanto comunicato dal Consigliere del ministro, Max Bruschi, ad un seminario sulla formazione iniziale degli insegnanti organizzato dall'ANFIS (Associazione Nazionale dei Formatori Insegnanti Supervisori). I decreti attuativi sono pronti e presto saranno emanati.

    La notizia è molto attesa, infatti come avevamo precedentemente documentato il Miur ha diramato il decreto ministeriale con "Modalità e contenuti prove di ammissione corsi di laurea ad accesso programmato a livello nazionale a.a. 2011/2012", ma manca, rispetto ai decreti degli anni precedenti, il riferimento al corso di laurea di Scienze della formazione primaria, che quest'anno diventa di 5 anni, a ciclo unico.

    Le date indicate dal dott. Bruschi sono state presentate come "molto probabili", ipotizzando quindi un avvio ritardato per i percorsi di formazione per la secondaria.

    In questi mesi si moltiplicano, da parte di organizzazioni sindacali e associazioni, i corsi di preparazione per il superamento delle prove di accesso, ma i numeri di fabbisogno formativo per i prossimi 3 anni sono molto esigui, come è possibile apprendere da queste tabelle.

    Fonte: Orizzonte Scuola (04 luglio 2011)

     
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    Abilitazione degli insegnanti: zero tituli. Come uccidere il futuro delle giovani generazioni

    Lettera aperta al ministro Gelmini scritta dal coordinamento liste per il diritto allo studio, realtà di che unisce rappresentanti degli studenti di quasi tutte le università italiane in merito alla formazione e al reclutamento insegnanti.

    1. Chi vuole fare l’insegnante se lo scordi, almeno per dieci anni. Se tutto andrà bene. Chi sta frequentando o vorrà iscriversi il prossimo anno a un corso di laurea in matematica, lingue, lettere, filosofia, scienze motorie, ecc., con l’intenzione di insegnare, sappia che non sarà possibile, perché i nuovi posti previsti dalle tabelle ministeriali per ottenere l’abilitazione all’insegnamento –anche nelle principali classi di concorso – ammontano sostanzialmente a zero fino al 2015. “Zerotituli”. E presumibilmente si discosteranno di poco dallo zero fino al 2018.

    Il governo ha compiuto la sua scelta (calcolata o subita): sta dalla parte dei già abilitati non ancora immessi in ruolo e inseriti nelle graduatorie a esaurimento. Una scelta, è inutile nasconderlo, che soddisfa pienamente le richieste dei sindacati e privilegia i “diritti acquisiti”. Il tempo di smaltimento delle suddette graduatorie è stimato dagli uffici ministeriali in sette anni (ma alcunibene informati dicono dieci o quindici), perciò prima di quella data non vi saranno nuovi ingressi. E i giovani? Si arrangino. Del resto, quelli che vogliono insegnare rappresentano un modesto serbatoio di voti e sono alla fin fine innocui. Siano loro il capro espiatorio!

    Un minino di dati. Con il Regolamento, datato 10 settembre 2010 e pubblicato in Gazzetta ufficiale il 31 gennaio 2011, il governo ha ridisegnato l’iter per ottenere l’abilitazione all’insegnamento dopo la chiusura delle SSIS (Scuole di Specializzazione per l’Insegnamento Secondario), avvenuta nel 2008. Il nuovo percorso prevede: per la scuola dell’infanzia e primaria,il conseguimento della laurea magistrale a ciclo unico quinquennale in Scienze della Formazione; per la scuola secondaria, bienni magistrali ad hoc per ogni classe di concorso, più un anno di Tirocinio Formativo Attivo (TFA), durante il quale, alle 475 ore da svolgere in
    una scuola sotto la guida di un insegnante tutor, si affiancheranno corsi e laboratori pedagogico-didattici da istituire presso una sede universitaria.

    2. Nel regolamento era annunciato il carattere “programmato” dell’accesso ai nuovi percorsi. Il numero di posti disponibili doveva essere calcolato in base al fabbisogno di insegnanti in ciascuna regione. Ma le prime stime del fabbisogno nazionale e regionale per i prossimi tre anni scolastici – già comunicate agli uffici regionali e alle università – riportano numeri che lasciano attoniti: poche manciate di persone per regione, anche per le classi di concorso più grandi. È il caso delle classi di Lettere (A050, A051, A052, A061) in diverse regioni di Italia, tra cui la Lombardia e il Lazio. Per la scuola secondaria di primo grado è addirittura nullo l’intero fabbisogno nazionale di insegnanti di Lettere.

    Il governo, per voce dei suoi consulenti, si giustifica con fermezza e candore:
    a) il fabbisogno nazionale previsto per i prossimi anni, considerando tutti gli ordini di scuola, è pari a circa 230 mila insegnanti;
    b) il numero di docenti abilitati tramite i vecchi concorsi pubblici (l’ultimo è del 1999) o le più recenti SSIS, e non ancora entrati in ruolo, è di 230 mila (tanti sarebbero i “precari” inseriti nelle graduatorie a esaurimento che attendono l’immissione in ruolo);
    c) gli accessi alla abilitazione all’insegnamento saranno pressoché nulli fino a quando non verranno riassorbiti tutti i precari.

    È semplice: basta sottrarre al fabbisogno dichiarato il numero dei precari abilitati e il risultato è zero o qualche sparuta unità (ciò viene per di più affermato nonostante le norme –Testo Unico D.L.vo 297/94 c. 1 art. 270 – dicano con chiarezza che il reclutamento deve proseguire secondo il cosiddetto “doppio canale”: 50% dai titoli acquisiti – graduatorie – e 50% dai concorsi).

    Ad aggravare la situazione contribuiscono poi i provvedimenti della riforma scolastica Gelmini e itagli di Tremonti, il cui effetto combinato è, da una parte, l’innalzamento fino a 30-32 del numero minimo di studenti per classe, dall’altra, la riduzione del monte ore settimanale, con conseguente ulteriore perdita di posti per l’insegnamento.

    La partenza del TFA transitorio, data per imminente (novembre di quest’anno), che dovrebbe fare da battistrada all’avvio dei nuovi percorsi formativi abilitanti (costituiti dai bienni specialistici + ilTFA), rischia di tradursi in una tragica farsa senza attori. Essendo i numeri dei posti così vicini allo zero, le università non potranno certo predisporre corsi per due o tre studenti. Recenti affermazioni del Ministero paventano pertanto un TFA che non sarà nemmeno su base regionale, ma inter-regionale o addirittura nazionale (corsi e laboratori pedagogico-didattici si svolgeranno in una unica sede per tutta la Penisola).

    La sostanza è che il tanto agognato TFA transitorio è chiuso con un enorme lucchetto per dieci anni.
    Non solo coloro che frequentano o frequenteranno corsi di laurea (matematica, lettere, lingue, filosofia…) che hanno tra gli sbocchi naturali l’insegnamento non potranno accedere ai nuovi percorsi formativi in vista della abilitazione (dato il numero quasi nullo di posti disponibili, potranno venire aperti solo pochissimi corsi specifici per l’insegnamento); ma anche i neolaureati che, in questo periodo di vacanza normativa, sono entrati a tutti gli effetti nel mondo della scuola, attraverso supplenze annuali nelle scuole statali o contratti nelle scuole paritarie, non potranno accedere al TFA per conseguire l’abilitazione. La loro prospettiva è drasticamente troncata. Cambino mestiere. Questo è un Paese per vecchi.

    3. Sia chiaro, siamo perfettamente coscienti che la situazione di sovraffollamento di abilitati precari che si è venuta a creare in Italia ha qualcosa di anomalo, forse di mostruoso (anche se le liste delle graduatorie dovrebbero essere sottoposte a un esame più rigoroso e attento: verosimilmente una certa quota avrà ormai trovato altri impieghi, intrapreso altre carriere…). Non abbiamo niente da obbiettare sulle legittime aspettative della legione degli abilitati precari. Conveniamo sulla necessità di dare una decisa sterzata a tutto ciò, di mettere paletti, confini, soprattutto di ripensareseriamente il sistema di abilitazione e di reclutamento degli insegnanti (magari ispirandosi a modelli più riusciti, come quello tedesco, per fare un esempio).

    Ma non possiamo condividere che il prezzo di questa stratificata e annosa situazione lo debbano pagare unicamente i giovani, cioè noi. È inaccettabile, per non dire folle, la decisione di bloccaredi fatto le abilitazioni, cioè di salvaguardare unicamente i diritti acquisiti di chi è già “all’interno del sistema”, impedendo l’ingresso di nuove forze, di giovani motivati, preparati, desiderosi di costruire, disposti anche a tutti i sacrifici necessari in questo tempo di crisi. Questo significa uccidere il futuro, frustrare le aspirazioni di tanti studenti e di tanti laureati usciti dopo il 2007 dalle università (senza abilitazione, e non per loro colpa), mortificare la professione insegnante in generale e creare un buco generazionale nel corpo docente, con evidenti ricadute anche sulle nostre università, su tutti i corsi di laurea che hanno tra gli sbocchi naturali l’insegnamento. Tanto vale che i Presidi o i nuovi Direttori di Dipartimento avvisino debitamente gli studenti e i potenziali iscritti: «lasciate ogni speranza voi ch’entrate», se pensate di insegnare.

    Per questo noi diciamo che la direzione intrapresa dal Ministero deve essere corretta. Meglio fermarsi in tempo. Bisogna ricominciare ad abilitare! E bisogna distribuire gli oneri. Il processo di riassorbimento degli abilitati precari non può essere realizzato a danno delle giovani generazioni. Niente patti di ferro del governo con una parte a scapito dell’altra, niente guerre tra generazioni o guerre tra poveri: occorre tenere aperta la possibilità per i giovani di abilitarsi.

    4. Che cosa si può fare? Anzitutto confermare quello che la legge già prevede: la distinzione della abilitazione dal reclutamento e dalla immissione in ruolo. Abilitarsi non significa necessariamenteavere il ruolo, i due momenti sono e devono essere separati. Ciò consente di abilitare con margini più ampi, necessari ad una procedura che non si trovi improvvisamente senza aspiranti. Gli abilitati potrebbero poi entrare a far parte di “albi regionali” (senza alcuna formazione di graduatorie, rivelatesi a sufficienza rovinose), dai quali le scuole possano attingere direttamente i docenti tanto per le supplenze temporanee o annuali, quanto per le immissioni in ruolo con proprio concorso di istituto o di reti di istituto. Perché una simile prospettiva diventi possibile occorre evidentemente mettere mano a una vera e propria riforma del reclutamento dei docenti, che eviti gli automatismi del passato.

    Se nel frattempo, per l’immediato, si dovesse o volesse ricorrere alla classica macchina dei concorsi ordinari, che prevedevano come requisito di ammissione la sola laurea (DM 39 del ’98),si rispetti almeno la norma che riserva il 50% dei posti ai vecchi abilitati inseriti nelle graduatorie e il 50% ai nuovi laureati. Fermi la macchina, Ministro, ci ripensi!

    Fonte: CLDS - Coordinamento Liste per il Diritto allo Studio (06 luglio 2011)

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