Riordino Istruzione Tecnica e Professionale

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    CNPI esprime parere favorevole alle linee guide triennio tecnici e superiori

    Giorno 23 novembre 2011 il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione ha dato parere favorevole alla bozza delle linee guide dei trienni di tecnici e professionali, ma chiede "opportune misure di accompagnamento".

    Le linee guida si pongono come obiettivo la riorganizzazione didattica delle istituzioni, l'articolazione in competenza, abilità, conoscenze dei risultati di apprendimento, nonchè fornire un sostegno dell’autonomia.

    Il parere del CNPI è stato positivo, ma ha chiesto "opportune misure di accompagnamento, tra le quali un piano di formazione e aggiornamento del personale, pensato in funzione dello sviluppo dell’autonomia scolastica, da avviare rapidamente e da svolgere nel periodo necessario per l’entrata a regime del riordino. Tale piano deve essere dotato di congrui finanziamenti, sia per i percorsi dell’istruzione professionale che per quelli dell’istruzione tecnica".

    Scarica i documenti
    Parere cnpi
    Bozze linee guida triennio tecnici
    Bozze linee guida triennio professionali

    Fonte: Orizzonte Scuola (26 novembre 2011)

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    L'importanza dell'attività laboratoriale e degli ITP

    L'importanza dell'attività laboratoriale e della figura dell'Insegnante Tecnico Pratico nella scuola statale pubblica italiana.

    Aspetti sociali del laboratorio nel scuola italiana: il fare riflettendo.

    Vorremmo che la didattica laboratoriale non fosse solo un argomento di gran moda in questo periodo. Ne parlano tutti: i ministri la invocano, i dirigenti la esigono, gli insegnanti la inseriscono nei loro piani di lavoro.

    Sembra che possa rappresentare la panacea ai mali della scuola, risolvere i problemi di apprendimento, motivare allo studio, risollevare i punteggi dei nostri allievi nelle classifiche internazionali. Così si chiedono finanziamenti per allestire laboratori di vario genere: linguistici, scientifici, informatici, di cucina, teatrali, espressivi ma pochi conoscono la verità. L'opinione pubblica non è a conoscienza che i laboratori per essere efficienti e funzionanti hanno bisogno di personale specializzato come i docenti tecnico pratici.

    Nelle legislature con i governi Berlusconi ed i ministri dell'Istruzione Moratti e Gelmini hanno di fatto cancellato le compresenze, un sistema creato per fondere in modo armonico la didattica, il sapere teorico insegnato dai docenti teorici ed il sapere pratico studiato, provato, dimostrato, "imparato" in laboratorio. Negli ultimi venti anni, i governi hanno privilegiato la scuola privata assegnando centinaia di milioni di euro togliendole alla scuola pubblica. In base alla legge62/2000, emanata in attuazione dell'articolo 33 della Costituzione, le scuole private dell'infanzia, primarie e secondarie possono chiedere la parità ed entrare a far parte del sistema di istruzione nazionale. Per questo alcuni trovano più giusto parlare di scuola pubblica statale e scuola pubblica non statale.

    Gli articoli 33 e 34 della Costituzione (fonte di Sergio Lariccia)

    La Carta costituzionale prevede un sistema educativo di istruzione e formazione, consistente nel complesso di diritti, doveri e libertà previsti nei confronti di vari soggetti, pubblici e privati: gli artt. 33 e 34 devono essere considerati in coerenza con i principi contenuti in altre disposizioni costituzionali (innanzi tutto, gli artt. 2, 3 e 21) e tenendo presenti la riforma costituzionale attuata a seguito dell'entrata in vigore della legge costituzionale del 18 ottobre 2001, n. 3, che ha modificato il titolo V della parte seconda della Costituzione, e la grande importanza che assume il passaggio dal sistema della scuola di Stato al sistema nazionale di istruzione, fondato sul principio di autonomia delle scuole.

    Libertà di insegnamento nella scuola
    L'art. 33, c. 1, garantisce la libertà di insegnamento, con una disposizione che, considerando tale libertà in stretta connessione con la libertà dell'arte e della scienza, non consente la previsione di limiti concettualmente incompatibili con l'arte e con la scienza.

    La libertà di insegnamento nella scuola merita una considerazione particolare rispetto alle altre libertà costituzionali, perché il rapporto di insegnamento/apprendimento presuppone una differenza di cognizioni e di preparazione tra chi insegna e chi impara che rende necessarie la tutela morale nei confronti di questa seconda categoria di soggetti e la garanzia dell'esigenza di protezione dell'infanzia e della gioventù (art. 31 cost.). Con una disposizione che assume grande importanza in materia scolastica, il legislatore, nell'art. 1 d.lgs. 16 aprile 1994, n. 297, prevede che l'esercizio della libertà di insegnamento è diretto a promuovere , attraverso un confronto aperto di posizioni culturali, la piena formazione della personalità degli alunni e che tale azione di promozione è attuata nel rispetto della coscienza morale e civile degli alunni.

    Il rapporto tra istruzione pubblica e istruzione privata
    Un problema che rappresenta tuttora una delle questioni più discusse e controverse della politica scolastica del nostro paese è quello del rapporto tra istruzione pubblica e istruzione privata. La Costituzione prevede un sistema pluralistico tendente a garantire il diritto dei bambini e dei ragazzi di iscriversi alle scuole e alle università ispirate liberamente ai vari orientamenti di pensiero politico-sociali diffusi nel paese. L'ammissibilità di scuole impegnate ideologicamente, che è conforme all'orientamento pluralistico della nostra società e del nostro ordinamento, pone il problema dei criteri con i quali valutare le ipotesi di eventuale contrasto tra gli orientamenti ideologici della direzione della scuola e quelli dei docenti che prestano la loro attività all'interno della scuola: ed è questione di non facile soluzione quella di considerare quali limiti, nelle scuole private, la libertà di insegnamento possa legittimamente subire per effetto dell'obbligo contrattuale, eventualmente assunto dal docente, di orientare l'insegnamento in conformità all'indirizzo ideologico della direzione della scuola.
    La Corte costituzionale, con sentenza n. 195 del 1972, in relazione a un famoso caso verificatosi nell'Università cattolica di Milano, ha stabilito che sussiste il potere delle università libere di verificare la conformità degli indirizzi ideologici o religiosi del docente rispetto a quelli che caratterizzano l'istituto di istruzione e, in caso di contrasto, di interrompere il rapporto di lavoro con il docente; a mio avviso è invece più esatta la tesi che sulla libertà collettiva della scuola ritiene prevalente la libertà del docente nella scuola: un'opinione coerente con il principio, caratteristico degli ordinamenti democratici contemporanei, per quale la libertà individuale merita tutela anche nelle ipotesi in cui possa derivarne un sacrificio della libertà collettiva.

    Il costituente ha stabilito, nell'art. 33 cost., cc. 3 e 4, che gli enti e i privati sono liberi di istituire scuole ed istituti di educazione, purché non ne derivi alcun onere finanziario per lo Stato, e che le scuole private e i loro alunni hanno diritto a un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni delle scuole statali, e, nell'art. 34, che la scuola è aperta a tutti, che l'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita, che i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno di diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi e che la Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie e altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.

    Gli artt. 33 e 34 della Costituzione Italiana rappresentano la risultante delle diverse tendenze emerse all'Assemblea costituente in materia scolastica. Per quanto in particolare si riferisce al divieto di sovvenzioni alle scuole private, è da ricordare che esso è stato, sin dai primi anni dopo l'entrata in vigore della Costituzione, costantemente aggirato per ogni ordine e grado di scuola; nel periodo più recente, anche a seguito della crescente contestazione dello 'statalismo' e del 'centralismo', si è sollecitato un profondo ripensamento dei rapporti pubblico/privato nell'ambito scolastico (si ricorda a proposito l'importante legge del 10 marzo 2000, n. 62, contenente le norme sulla parità scolastica e le disposizioni sul diritto allo studio).

    Intervento educativo privato «senza oneri per lo Stato»

    Ma ogni testo di legge e, a maggior ragione, il testo di una disposizione inserita in una costituzione 'rigida', qual è quella italiana, va interpretato anzitutto per quel che dice, e in modo che quel che dice abbia un significato e non si risolva in un'interpretazione esattamente contrastante con le espressioni usate nel testo. Senza vuol dire senza; scuola privata vuol dire scuola privata e non può significare scuola pubblica (non statale); e oneri per lo stato sono non soltanto i diretti finanziamenti, ma anche gli esoneri fiscali e tutte le agevolazioni che comportino un aggravio del bilancio statale.

    Qualunque riforma normativa riguardante il problema della politica scolastica deve essere impostata tenendo presente che la Costituzione disciplina diversamente la scuola pubblica e la scuola privata, che sono istituzioni obiettivamente diverse, e stabilisce che l'intervento educativo privato debba avvenire «senza oneri per lo Stato» (art. 33, c. 3): la scuola privata non ha dunque diritto a ricevere contributi economici da parte dell'erario, anche se sovvenzioni possono essere concesse per soddisfare le legittime aspettative delle popolazioni di fruire del diritto allo studio.

    É necessario, inoltre, considerare che solo nella scuola 'pubblica' possono liberamente convivere diverse posizioni culturali e ideali; ed è la scuola pubblica che, nonostante tutti i suoi malanni, resta ancora la soluzione preferibile per la formazione e l'educazione delle giovani generazioni.

    Ma la didattica laboratoriale cos’è? Il laboratorio è soltanto un luogo fisico, più
    o meno attrezzato? Quali differenze ci sono con la didattica tradizionale?

    Da sempre si lavora nei laboratori, dalle materne all'università.

    Tuttavia, credo che una riflessione sia necessaria anche nella nostra scuola per evitare che consuetudini consolidate assumano la forma dell’abitudine togliendo significato e consapevolezza a ciò che si fa.

    Dal momento in cui si è introdotta, all’interno del dibattito pedagogico, la questione dei laboratori, è passata, in maniera quasi automatica, una concezione che contrappone drasticamente una didattica considerata "vecchia" (quella tradizionale, appunto) ad una più "moderna (quella per laboratori). La prima è caratterizzata da una modalità di tipo trasmissivo, in cui l’insegnante spiega e l’alunno impara; la verifica dell’avvenuto apprendimento si sostanzia nella ripetizione verbale o scritta del concetto presentato e/o nella sua applicazione per la risoluzione di esercizi. La didattica laboratoriale si connota, nell’immaginario collettivo, per la sua capacità di coinvolgimento, di suscitare interesse e motivazione, di imparare in modo pratico, di dimostrare "fisicamente", in modo naturale anche quello di conoscere il modo di realizzare qualcosa in modo autonomo, usando, lo spazio, il tempo, i materiali, la conoscienza teorica.

    Insomma: passività contro attività, ascolto contro azione, noia contro interesse ed divertimento.

    Tuttavia, a ben guardare, i due approcci hanno un elemento in comune (almeno nelle loro applicazioni meno attente e più superficiali). La didattica teorica si basa su un sapere legato al ricordare e al saper riflettere e riferire e la didattica laboratoriale fine a se stessa si basa sul "fare" che diventa necessario e sufficiente. Da una parte si insegnano regole generali che poi ciascuno dovrebbe saper applicare (il fare senza fare); dall’altra si fa senza imparare, senza trarre conclusioni, senza porre la dovuta attenzione alla generalizzazione e alla creazione di modelli interpretativi. Per questo motivo ribadisco che la compresenza è fondamentale in ogni ordine di scuola quando si parla di laboratorio. La compresenza in laboratorio è l'elemento comune dei docenti che consentono ai propri alunni di acquisire: il pensiero, la riflessività, la consapevolezza. Compresenza come elemento di unione dei saperi teorici e pratici.

    Perché c’è bisogno del laboratorio

    Il laboratorio prende le mosse dal fare dei bambini fino al raggiungimento di sperimentazioni complesse c/o le università italiane. In questo particolare momento storico se ne sente fortemente il bisogno; la sensazione di una deprivazione in questo senso, è sentita in maniera generalizzata tra gli operatori della scuola pubblica. Invece bisognerebbe incentivare le attività di laboratorio, perchè laboratorio vuol dire anche condividere idee e pensieri tra gli studenti. Fare insieme, condividere significa spesso crescere.

    Privare agli alunni degli spazi laboratoriali o ridurli come è avvenuto in modo devastante con la recente riforma Gelmini ha prodotto anomalie ed errori didattici, sempre e comunque a discapito dei nostri studenti con conseguente riduzione degli organici degli insegnanti.

    L’osservazione degli alunni nei diversi momenti della giornata ci mostra in tutta evidenza le conseguenze derivanti da questa nuova realtà, in termini di atteggiamenti e di approccio alle esperienze. Quali sono queste caratteristiche? Innanzi tutto l’estrema difficoltà a soffermarsi sulle cose. Gli alunni sono abituati (a volte forzati) a passare da una cosa all’altra in maniera sempre più veloce e frenetica ( a casa, ma, talvolta, anche a scuola). Così non sono più capaci di organizzare il loro tempo e vengono presi dall’ansia del "Cosa facciamo dopo?". Questo li porta ad affrontare i compiti che li attendono con grande superficialità, sempre proiettati verso la prossima novità che li aspetta. Collegato a questo aspetto c’è quello della facilità nel fare le cose. Siccome bisogna andare di fretta tutto deve essere facile, sbrigativo. Non si può perdere tempo ad allacciarsi le scarpe e così si fabbricano e si acquistano scarpe senza lacci. Ma in questa rincorsa alla facilitazione della vita, gli studenti hanno solo da perdere. Perché, come ci insegnano i grandi psicologi del novecento (da Piaget in poi), già i bambini imparano solo facendo (Pensiero operatorio). È legandosi i lacci delle scarpe o abbottonandosi la giacca che ciascuno di noi ha interiorizzato giorno dopo giorno, in maniera del tutto inconsapevole, ma non per questo meno efficace, i concetti di dentro/fuori, sopra/sotto. È così che abbiamo imparato a confrontare quantità e qualità, a contare, a costruire quelle competenze che poi la scuola ha affinato e convogliato nei linguaggi specifici legati alle diverse discipline. Per questo è importante rivalutare il ruolo cognitivo del fare: di un fare concreto, legato a materiali, strumenti, gesti veri, anche simulati e virtuali. Proprio in un momento come questo in cui tutto sembra finto e anche gli adulti fanno fatica a distinguere la realtà dal reality, è importante riportare i nostri studenti alla concretezza delle cose, al fare con perizia, con pazienza, con costanza.

    La scuola deve rispondere in modo positivo a questa sfida se si mette in gioco proponendo percorsi all’interno dei quali gli obiettivi didattici si saldano strettamente a quelli di tipo formativo, in una prospettiva che rivaluta fortemente il legame con il territorio.

    Il ruolo del "fare"

    Solo la scuola può consentire, agevolare, promuovere, il passaggio dalla teoria alla pratica nella sua accezione più completa: capire, imparare, conoscere, fare.

    Questo è (o dovrebbe essere) il senso, il significato, del fare concreto degli studenti.

    Ma questo è sufficiente perché i nostri studenti siano condotti verso traguardi di autonomia e apprendimento? Il laboratorio deve essere inteso come il luogo del fare o è qualcosa di più? Sì, perché io credo che il fare dal solo non basti. L’attività concreta deve essere interpretata come contesto in cui l’azione stimola il pensiero, come strumento per la riflessione, come terreno di esercizio per porsi problemi e cercare soluzioni. E a loro volta, i problemi e le soluzioni, pur nascendo dall’operatività, devono indurre alla generalizzazione e all’astrazione, devono travalicare "il qui e ora" per andare a costituire quel bagaglio di competenze che può consentire nuove acquisizioni.

    Il fare per il fare, per il prodotto, per l’addestramento, lascia il posto al fare per pensare, per imparare, per scoprire. Il fare in laboratorio "costringe" la mente a pensare a ciò che sta facendo e questo consente di acquisire consapevolezza del proprio operare e a cercare soluzioni sempre più funzionali, a riconoscere strategie che testimoniano (che sono espressione e al contempo costruiscono e consolidano) il proprio modo di imparare, il proprio stile cognitivo, il proprio approccio alla conoscenza.

    In fondo la scuola non ha il compito di formare tessitori, fornai, agricoltori, scienziati, musicisti…. la scuola ha un compito diverso, ben più importante: quello di utilizzare le esperienze e le discipline per formare le persone, per aiutarle a vivere meglio, per fornire gli strumenti che le mettano in condizione di imparare ad imparare in tutto l’arco della vita. La scuola deve educare quel pensiero, lo deve rendere sempre più consapevole, sempre più libero e svincolato dalla situazione. Ma questo tipo di operazione mentale non è spontanea, né tanto meno automatica. Non si attiva semplicemente "per contatto" con esperienze, materiali, oggetti. Il nostro lavoro consiste, dunque, nel creare ambienti che sostengano l’apprendimento, nello scegliere contenuti concettualmente dominabili in relazione alla fascia di età cui si rivolgono, nell’approntare e proporre strumenti (anche questi sia di tipo operativo, sia concettuale) che stimolino, negli alunni, quella riflessività che rappresenta la condizione per passare dal fare al saper fare.

    Il filosofo Whittgenstein diceva: "La mia mano sa più della mia mente". Di sicuro la mia mano è fondamentale, ma è nella mia mente che si formano concetti, categorie, strategie di azione. Perché questo passaggio si realizzi esiste però, una condizione imprescindibile: la scuola deve assumere la responsabilità di proporre (di costruire, se ce n’è bisogno) "esperienze di apprendimento mediato"(Boscolo). Di cosa si tratta? Gli alunni devono partecipare quotidianamente ad un’esperienza diretta, ma senza la mediazione culturale dell’adulto, difficilmente questa partecipazione sarà in grado di produrre apprendimento.

    D’altra parte non tutti gli interventi hanno lo stesso valore e la stessa efficacia in termini di produttività. Perché l’intervento laboratoriale sia efficace deve rispondere a tre criteri: deve essere intenzionale, non affidato al caso, all’estemporaneità, all’occasione. Deve avere il carattere della trascendenza, ovvero non puntare solo ad un risultato (che spesso si traduce in un prodotto) immediato, ma va considerato come il mezzo più idoneo per raggiungere un obiettivo più generale, che appunto lo trascende. Infine deve trattarsi di un’esperienza significativa per chi la vive: gli oggetti, le esperienze non sono neutrali, devono avere un significato educativo e motivazionale. La qualità dei processi non può essere separata dai contenuti: dipende in larga misura dalla loro scelta.

    La funzione docente degli insegnanti tecnico pratici nel sistema dell'Istruzione pubblica in Italia:

    Anche se sono passati anni da quando fu chiarito il ruolo dell'ITP (Insegnante Tecnico Pratico) è importante ribadire la funzione docente alla luce della recente disposizione di legge che porterebbe al declassamento dei docenti di laboratorio in personale non docente.

    In attesa della pubblicazione del testo della Legge di Stabilità 2012 promulgata, poche ore dopo la sua approvazione, dal Presidente della Repubblica nella giornata di sabato 12 novembre 2011 si cita l’articolo che interessa gli insegnanti tecnico pratici e gli assistenti tecnici. Da una prima analisi testuale anche agli occhi dei non" addetti ai lavori" diventa evidente che gli ITP sono degli insegnanti e gli AT dei tecnici e non si capisce quali duplicazioni di competenza tra aree e profili professionali vi siano tra gli ITP e gli AT.

    Art. 2 comma 81 legge stabilità trasmesso dal Senato e approvato alla Camera sabato 12 novembre 2011

    81. Allo scopo di evitare duplicazioni di competenza tra aree e profili professionali, negli istituti di scuola secondaria di secondo grado ove sono presenti insegnanti tecnico-pratici in esubero, è accantonato un pari numero di posti di assistente tecnico.

    Questa norma deve essere al più presto ritirata dal nuovo Governo della Repubblica.

    Ricordo a coloro che leggono per la prima volta la parola ITP che ITP appunto vuol dire insegnanti tecnico pratici:

    "Gli insegnanti tecnico - pratici, anche quando il loro insegnamento si svolge in compresenza, fanno parte, a pieno titolo e con pienezza di voto deliberativo, del Consiglio di classe. Le proposte di voto per le valutazioni periodiche e finali relative alle materie il cui insegnamento è svolto in compresenza sono autonomamente formulate, per gli ambiti di rispettiva competenza didattica, dal singolo docente, sentito l'altro insegnante. Il voto unico viene assegnato dal Consiglio di classe sulla base delle proposte formulate, nonché degli elementi di giudizio forniti dai due docenti interessati" (art. 5 comma 1bis T.U.).

    Quindi secondo la CM 28/2000 "l'azione dei due docenti compresenti - quello di materie teoriche e quello di materie pratiche - deve impostarsi ed esprimersi sinergicamente, sì da concretizzarsi in effettiva codocenza attraverso l'individuazione congiunta degli obiettivi, una armonica e coerente definizione dei reciproci ambiti di attività, una scelta congiunta dei mezzi, degli strumenti e dei criteri di valutazione ed opportuni raccordi tra i due momenti valutativi.

    Pertanto, da una parte l'attività dei due docenti deve essere strettamente correlata sotto il profilo contenutistico e metodologico e, dall'altra, gli stessi, nell'ambito della programmazione del consiglio di classe, devono congiuntamente predisporre e attivare un piano di attività che tenga conto, come previsto dalla legge n. 124/1999, degli ambiti di rispettiva competenza.

    Alla luce delle osservazioni sopra espresse, appare evidente che un'applicazione della nuova normativa coerente con l'attuale organizzazione didattica (che prevede nelle valutazioni intermedie l'assegnazione di voti separati nelle materie con diversità di prove scritte, orali, pratiche e di un voto unico nella valutazione di fine anno) richiede che le relative proposte di voto - basate sulle risultanze del registro personale proprio di ciascun docente - siano adeguate ai seguenti criteri:

    - nelle materie insegnate in compresenza, per le quali è prevista anche l'attribuzione del voto pratico, quando si tratti degli scrutini intermedi, in cui i voti rimangono distinti, ciascun docente formula autonomamente la propria proposta di voto, sentito l'altro insegnante;

    - quando si tratti degli scrutini finali e anche nelle materie insegnate in compresenza per le quali non è previsto il voto pratico, ferma restando l'autonoma proposta di voto di entrambi i docenti, il Consiglio di classe assegna il voto unico.

    … dall'innovazione legislativa sopravvenuta discende ancora, sul piano funzionale, che gli ambiti di competenza degli insegnanti tecnico-pratici, da gestire in coerenza con le funzioni spettanti ai docenti di materie teoriche, debbono organicamente e armonicamente inserirsi nel contesto degli aspetti significativi dell'operato dei consigli di classe (dalla programmazione, agli interventi più rilevanti relativi all'organizzazione e all'erogazione dell'azione educativa e didattica, alla verifica e valutazione in itinere e finale, alla partecipazione a corsi di recupero e/o di approfondimento, colloqui con le famiglie, iniziative deliberate dagli organi scolastici della scuola, ecc.) facendo sì che ne risulti potenziato e arricchito l'apporto di ciascuno e rafforzata e valorizzata la collegialità delle scelte e delle decisioni di partecipazione alle attività connesse con la didattica.

    Si chiarisce che le nuove disposizioni si riferiscono ovviamente anche ai docenti titolari dell'insegnamento di conversazione in lingua straniera, in quanto tale insegnamento fa parte della tabella C allegata al D.M. n.334 del 24.11.1994".

    La situazione attuale dei docenti presenti nella TABELLA "C"

    I nuovi istituti tecnici e professionali, malgrado il moltiplicarsi degli indirizzi e delle articolazioni, vedono una profonda riduzione delle ore di laboratorio ed in particolare delle ore di insegnamento degli ITP.

    Da una prima analisi dei piani orario disponibili, si può immediatamente misurare l'effetto che gli stessi avranno sugli insegnamenti tecnici e soprattutto su ITP e laboratori.

    Negli Istituti tecnici del settore economico si perdono quasi completamente le ore di laboratorio con la compresenza degli ITP, oltre a quelle di trattamento testi e dattilografia.

    Malgrado tutti i proclami sulla centralità dello studio delle lingue straniere, nell'articolazione " Relazioni internazionali per il Marketing" e nell'indirizzo " Turistico" si perdono tutte le ore di compresenza con gli insegnanti di conversazione in lingua straniera presenti attualmente.

    Le ore di laboratorio in compresenza nel triennio dell'articolazione " Sistemi informativi aziendali" si riducono da 6 a 3 ore all'anno, rispetto all'attuale progetto Mercurio.

    Nei primi due anni del settore tecnologico si passa dalle attuali 16 ore medie di laboratorio in compresenza con gli ITP a solo 8 ore. Nel triennio si passa dalle 10/13 ore all'anno attuali a solo 9 ore medie.

    Negli istituti professionali si riducono tutte le attività di laboratorio più professionalizzanti.

    Nel settore dei servizi commerciali sparisce del tutto l'insegnamento di trattamento testi.

    Nel settore turistico scompare completamente l'insegnante tecnico pratico in compresenza. Figura fondamentale che trasferisce la pratica operativa del lavoro direttamente in classe.

    Nel settore industria e artigianato le ore di laboratorio degli ITP (da soli o in compresenza) passano dalle attuali 41/48 nei 5 anni a solo 38/40. Nella sola prima classe del biennio iniziale si passa dalle attuali 8/11 ore a sole 5 ore.

    Nel settore socio-sanitario si passa dalle attuali 34 ore nei 5 anni a solo 29.

    Nel settore dei servizi per l'agricoltura si passa da 42 ore nei 5 anni a solo 28, con una riduzione da 12 a 5 ore in prima.

    Nel settore dell'enogastronomia si passa da 53 ore nei 5 anni a solo 44, con una riduzione da 15 a 12 ore in prima.

    Proposta "Piuscuolanet" a cura di Gianfranco Alario coordinatore di piuscuolanet.

    Nelle linee di indirizzo per la nuova secondaria in diversi contesti viene sottolineata l'importanza di una didattica laboratoriale per le materie scientifiche e tecnologiche. Sono numerose le sollecitazioni in questo senso da parte del MIUR, ad esempio gli stessi decreti di riordino indicano tra gli insegnamenti aggiuntivi attivabili da parte dei nuovi licei il laboratorio di fisica-chimica.

    Senza entrare qui nel merito della affascinante discussione sulla "laboratorialità" a prescindere dai laboratori, rimane il fatto che troppo spesso i laboratori scolastici dei licei e delle scuole medie, frutto di investimenti anche sostanziosi, sostenuti negli anni dalle istituzioni scolastiche, dagli enti locali o da fondazioni private, dopo brevi stagioni di utilizzo legate alla buona volontà individuale o di gruppo degli insegnanti, cadono in disuso o sono sottoutilizzati.

    Nelle scuole italiane la quasi totalità dei laboratori funzionanti con continuità sono all'interno degli istituti tecnici industriali e degli istituti professionali, dove il quadro orario curricolare prevede in modo specifico l'attività di
    laboratorio per determinate materie. Oltre ai laboratori di indirizzo sono presenti laboratori di materie quali Fisica, Chimica, Informatica. Gli insegnanti tecnico pratici sono previsti solo in questo segmento della scuola italiana, ma sono la sola tipologia di docenti che ha dovuto cimentarsi obbligatoriamente dal primo giorno di servizio con una didattica basata sull'uso dei laboratori. Si può anche affermare che per realizzare una didattica laboratoriale con gli studenti non è indispensabile il laboratorio, ma non si può pretendere di mantenere vivo un laboratorio se non c'è un insegnante di laboratorio. Lo hanno capito bene quelle scuole che per attivare
    insegnamenti aggiuntivi come "laboratorio di fisica – chimica" o "laboratorio di informatica" (allegato h del decreto di istituzione dei nuovi licei) hanno deciso di assumere in proprio docenti esperti in attività di laboratorio.

    D'altra parte i decreti di riordino della secondaria, oltre all'innalzamento del numero medio di alunni per classe, hanno ridotto del 50% le ore di laboratorio del primo biennio degli ex istituti tecnici industriali e di un buon 30% nei successivi tre anni. A questo è dovuta la maggior parte della complessiva riduzione di cattedre che si è realizzata con il piano di riordino.

    Dismissioni o utilizzo con buonsenso degli insegnanti tecnico pratici ITP ?

    La attuale situazione legislativa e normativa, sommariamente richiamata in premessa, comporta una drastica e veloce riduzione del tempo di utilizzo dei laboratori e delle unità di docenti ad essi legati. Da questo anno scolastico anche negli istituti tecnici, alcuni laboratori rimarranno chiusi per oltre la metà dell'orario scolastico, come nei licei. Anche se si intende persistere in una strategia di riduzione dell'offerta formativa rimane aperto il problema della gestione delle risorse strutturali e dei docenti. Da un lato abbiamo scuole medie e licei scientifici che vorrebbero usare laboratori ed insegnanti di laboratorio, dall'altro laboratori chiusi ed insegnati di laboratorio con cattedre "18 ore a disposizione".

    Tutto ciò, oltre a non rappresentare un risparmio reale per l'Amministrazione costituisce una vera e propria dispersione del "capitale di professionalità" (gli ITP) ed uno spreco di capitale fisico (il laboratorio e le sue apparecchiature), che resta spesso inutilizzato nelle scuole dove la figura dell'insegnante di laboratorio è assente.

    Quello che si propone è semplicemente di applicare una gestione del personale docente che facilita l'utilizzazione degli ITP delle classi di concorso in esubero in attività di diffusione/supporto docente delle attività laboratoriali nelle scuole che ne facciano richiesta.

    A questo scopo la redazione di piuscuola.net ha predisposto una proposta normativa che inserisca nei contratti integrativi regionali sulle utilizzazioni una facilitazione nell'utilizzare gli ITP in esubero in attività di didattica
    laboratoriale in base alle reali esigenze ed alle richieste delle varie istituzioni scolastiche.

    Proposta Comitato Nazionale ITP (Liborio Butera)

    I Docenti di Laboratorio vogliono portare all’attenzione di tutti – e ribadire con forza – che gli insegnamenti laboratoriali, a rischio di forte penalizzazione e riduzione, sono fondamentali e inalienabili in una scuola dell’apprendimento e dell’educazione. Sono una risorsa DELLA SCUOLA PER LA SCUOLA. Non è assolutamente pensabile che si possano insegnare materie scientifiche e tecniche senza un’ampia e qualificata attività di laboratorio svolta da docenti tecnico pratici.Moltissimi tra i maggiori studiosi e pedagogisti del passato e del presente hanno sempre ribadito l’importanza del metodo sperimentale e delle attività pratiche, da Dewey a Morin.

    Il motto del dei Docenti di Laboratorio – ispirato ad uno scritto di Confucio – recita: "Se ascolto, dimentico; se vedo, ricordo; se faccio, capisco"è una frase semplice, ma che racchiude un modo irrinunciabile di pensare e di fare didattica.Per questi motivi e per non sprecare un’inestimabile risorsa culturale ed umana, risulta indispensabile salvaguardare la figura professionale dell’ITP e la sua dignità di docente all’interno del sistema scolastico, pertanto si RIVENDICA quanto segue:

    1) Garanzia del mantenimento dello stato giuridico ed economico di docenti. Nessun docente tecnico pratico dovrà essere utilizzato in funzioni e mansioni non coerenti con la specificità professionale.

    2) Richiesta della laurea e dell’abilitazione specifica come titolo di accesso, con le dovute garanzie per i Docenti Tecnico Pratici precari.

    3) Collocazione di tutti i docenti tecnico-pratici nel VII livello, riconoscendo, quindi, quella effettiva parità che attualmente trova la sua unica applicazione nell’assolvimento di tutti i compiti istituzionali.

    4) Mantenimento ed estensione delle compresenze in tutti gli indirizzi Liceali, Professionali e dell’Istruzione e Formazione Tecnica Superiore, con criteri di senso logico e di percorribilità didattica. Estensione delle attività di Laboratorio e degli Uffici Tecnici anche negli indirizzi in cui queste non siano ancora state previste (Laboratori scientifici – TIC – ECDL –ecc.).

    5) Riconversione automatica per classe affine del personale ITP, nelle eventuali nuove classi di concorso.

    6) Mantenimento delle risorse nell’organico funzionale della scuola di titolarità.

    7) Nessuna mobilità forzata in altri comparti della P.A.

    Credo che le commissioni Cultura della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica debbano tener conto di entrambi le proposte perchè una non escluda l'altra.

    Link per scaricare il documento in pdf:
    www.webalice.it/paolo.latella/documento_ITP.pdf

    *Responsabile Dipartimento Istruzione Italia dei Valori Lombardia

    Fonte: Paolo Latella* (28 novembre 2011)

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    Profumo, per gli ITS più laboratori e meno aula

    Durante il suo intervento ad un convegno di Job&Orienta sugli istituti tecnici superiori, a Verona, Profumo ha dichiarato: ''il tema della semplificazione è molto importante per il nostro Paese. Gli istituti tecnici superiori svolgono un ruolo fondamentale ma credo che sarebbe opportuno che ci fosse un'ampio dibattito all'interno delle imprese e delle associazioni ma anche di chi è protagonista in tutta la filiera, su quale potrà essere l'inserimento nel mondo del lavoro degli studenti che hanno terminato il loro percorso negli Its''.

    ''I percorsi formativi di Paesi come Svizzera e Germania - ha continuato - dimostrano che c'è grande attenzione tra aula, laboratorio e percorso in azienda. A mio avviso bisogna evitare moduli identici a quelli universitari, prediligendo percorsi formativi nei laboratori e in azienda e riducendo la quota in aula''.

    Fonte: Orizzonte Scuola (28 novembre 2011)

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    "Linee guida" e decreti interministeriali relativi al triennio degli istituti professionale e tecnici

    Il MIUR ha reso note direttive sulle "Linee guida" relative al secondo biennio e al quinto anno e gli schemi dei decreti interministeriali relativi all'ulteriore articolazione delle Aree di indirizzo in opzioni degli istituti professionale e tecnici.
    Schema decreto interministeriale opzioni istituti tecnici novembre 2011
    Schema decreto interministeriale opzioni istituti professionali novembre 2011

    Fonte: Orizzonte Scuola (02 dicembre 2011)

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    Aumentano le iscrizioni negli istituti tecnici, calano nei professionali

    I dati Censis relativi al "45mo Rapporto sulla situazione sociale del Paese" mettono in evidenza per il 2010 un aumento di iscritti negli istituti tecnici statali rispetto all'anno precedente. Effetto riforma.

    L'impegno del precedente Governo nel pubblicizzare l'istruzione tecnica e professionale ha dato i suoi frutti, ma solo in parte.

    Infatti, secondo il Censis, le iscrizioni agli istituti tecnici hanno registrano nel corrente anno scolastico un più 0,4% rispetto al 2010-2011. Diversa invece la sorte degli istituti professionali che registrano un meno 3,4% di neo iscritti.

    Fonte: Orizzonte Scuola (03 dicembre 2011)

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    Alunni stranieri, le superiori con maggiore aumento. Scelgono soprattutto tecnici e professionali

    Secondo il rapporto nazionale sugli alunni con cittadinanza non italiana pubblicato dal ministero, sono soprattutto le scuole secondarie di secondo grado a mostrare un aumento di presenze rispetto all'anno scolastico precedente con un più 10.289 alunni.

    Distribuzione per regione provincia

    Gli studenti con cittadinanza non italiana nelle scuole secondarie di secondo grado sono 153.513 con un incremento di 10.289 soggetti in più. Di questi 75.711 sono maschi e 76.659 femmine, corrispondenti rispettivamente al 49,7% e al 50,3%.

    Questi studenti sono concentrati soprattutto nelle regioni del Nord con un'incidenza percentuale superiore alla media. Sono così distribuiti: Emilia-Romagna 11,7%, Umbria 10,2%, Liguria 9,4%, Lombardia, Toscane e Marche 9%. Ma è la Lombardia ad avere il maggior numero in assoluto di studenti stranieri nelle scuole secondarie di secondo grado con 32.918 presenze seguita a distanza da Emilia-Romagna con 19.818 presenze il Lazio il Veneto il Piemonte alla Toscana.

    stranieriregione

    Per quanto riguarda le province, sono Milano con 13.739 allievi, Roma con 12.874 lo allievi, Torino con 7809, Brescia con 5216 Firenze con 3934 e Treviso con 3653 allievi ad avere il maggior numero di preferenze. Mentre è la Sicilia ad avere la più alta percentuale di nati in Italia nella scuola secondaria di secondo grado con il 15,9% degli studenti stranieri, seguita dalla Lombardia con il 12% e dall'Emilia-Romagna con il 10,8%. Infine, sono Trapani, Agrigento, Catania, Modena e Ragusa le province che si caratterizzano per la maggior incidenza percentuale di nati in Italia sul totale degli iscritti stranieri nella scuola secondaria di secondo grado.

    Gli alunni stranieri preferiscono tecnici e professionali

    Nell'anno scolastico 2010-11gli alunni stranieri iscritti ai professionali sono stati 62.080, mentre sono stati 58.340 gli iscritti agli istituti tecnici, 28.675 nei licei e 4418 nell'istruzione artistica.

    Le iscrizioni nei licei sono caratterizzati da una forte presenza femminile cone il 70,3% mentre soltanto il 12,2% è di sesso maschile.

    stranierilicei

    Dei 28.675 studenti stranieri scritti nei licei, il 53,5% frequenta liceo scientifico, il 26,3% un istituto ex magistrale, il 18,8% un liceo classico e l'1,4% un liceo linguistico.

    Sono soprattutto gli studente di origine marocchina, indiana e dell'Ecuador a preferire gli istituti professionali, mentre negli istituti tecnici è forte la presenza moldava, rumena, peruviana, ucraina e cinese.

    Fonte: Orizzonte Scuola (06 dicembre 2011)

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    Edited by Steve Hi Power Mc - 5/1/2012, 15:33
     
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    ITS e Istituti Tecnici e Istituti Professionali, il MIUR pubblica brochure e spot

    Il MIUR ha pubblicato sul proprio sito una brochure e un video promozionale per gli Istituti Tecnici e Professionali.

    Leggi la brochure (file PDF)
    Guarda il video

    Fonte: Orizzonte Scuola (05 gennaio 2012)

    dlock
     
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    Licei, linee guida

    Pubblichiamo le linee guida per i Licei contenute nel decreto Interministeriale 211 del 7 ottobre 2010.

    Scarica il documento completo (file PDF)

    I percorsi liceali

    Liceo Artistico
    - indirizzo Arti Figurative: file PDF - file DOC
    - indirizzo Architettura e Ambiente: file PDF - file DOC
    - indirizzo Design: file PDF - file DOC
    - indirizzo Audiovisivo e Multimediale: file PDF - file DOC
    - indirizzo Grafica: file PDF - file DOC
    - indirizzo Scenografia: file PDF - file DOC

    Liceo Classico
    - Liceo classico: file PDF - file DOC

    Liceo Linguistico
    - Liceo linguistico: file PDF - file DOC

    Liceo Musicale e Coreutico
    - sezione Musicale: file PDF - file DOC
    - sezione Coreutica: file PDF - file DOC

    Liceo delle Scienze Umane
    - Liceo delle scienze umane: file PDF - file DOC
    - Liceo delle scienze umane - opzione Economico Sociale: file PDF - file DOC

    Liceo Scientifico
    - Liceo scientifico: file PDF - file DOC
    - Liceo scientifico - opzione Scienze Applicate: file PDF - file DOC

    Fonte: Orizzonte Scuola (15 gennaio 2012)

    powah
     
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    Elenco definitivo Licei musicali e coreutici 2011/12

    Il CNAFAM pubblica l'elenco definitivo dei Licei musicali e coreutici attivati per l'a.s. 2011/2012: sono 65 (56 statali + 9 paritari) i Licei musicali e 17 (11 + 6) i Licei coreutici. Pubblicato anche l'accordo di rete stipulato il 23/11/2011 tra MIUR e Licei musicali e coreutici.

    Elenco definitivo e indirizzi dei Licei musicali e coreutici attivati nell'a.s. 2011/2012 (aggiornato al 17/1/2012 - file PDF)
    Accordo di rete tra MIUR e Licei musicali e coreutici del 23/11/2011 (file PDF)

    Fonte: Orizzonte Scuola (18 gennaio 2012)

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    Linee guida istituti tecnici e professionali per il secondo biennio e il quinto anno

    Il Ministro Profumo ha firmato le direttive numero 4 e 5 del 16 gennaio 2012 contenente le linee guida per il secondo biennio e il quinto anno degli istituti tecnici e professionali.
    Direttiva n. 4 del 16 gennaio 2012
    Direttiva n. 5 del 16 gennaio 2012

    Fonte: Orizzonte Scuola (19 gennaio 2012)

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    La scuola superiore dopo il riordino

    Come è cambiata la scuola superiore italiana dopo il riordino introdotto con i Regolamenti del 15 marzo 2010? E’ stata avviata la riforma “epocale” che aveva promesso il Ministro dell’epoca? Sono state efficaci le misure di accompagnamento ipotizzate dal MIUR con la Circ. n. 76 del 30.10.2010 e attuate dagli Uffici Scolastici Regionali? Se ne è discusso a Jesolo nel Seminario nazionale che l’ANDIS ha voluto dedicare al riordino della scuola superiore, all’interno dell’iniziativa "Due giorni per la scuola" tenutasi nei giorni 16 e 17 febbraio 2012.

    La sintesi del Convegno (file PDF)

    Fonte: ANDIS (23 febbraio 2012)

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    Istituti Tecnici Professionali, per Profumo si parte dalla riforma Gelmini

    Il ministro Profumo, in visita all'Isis "Malignani" di Udine, ha affermato "Si parte della riforma Gelmini, perche' con un governo che ha questi tempi, si puo' solo pensare di oliare il sistema".

    Il nodo critico su cui lavorare è stato individuato dal Ministro nel raccordo tra la parte teorica e quella laboratoriale "Credo sia necessario ritornare a un maggiore investimento nelle ore di laboratorio. Inoltre gli studenti devono lavorare su sistemi e apparecchiature moderne".

    Aziende, tirocini e orientamento i cardini di questo sistema. Il Ministro ha affermato "Sarebbe interessante una valutazione da parte delle aziende del ritorno di investimento, per verificare se le persone che vengono assunte dalle imprese hanno una migliore interazione tra mondo della scuola e mondo del lavoro".

    "Un altro elemento importante è rappresentato dai tirocini e dall'orientamento, che deve essere anticipato rispetto all'attuale. Sono tre le fonti dell'orientamento e cioe' la scuola in cui si andrà, l'esperienza degli altri studenti e il mondo del lavoro. L'orientamento va calibrato con l'accelerazione delle trasformazioni nella realtà di oggi".

    Fonte: Orizzonte Scuola (28 febbraio 2012)

     
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    L'istruzione tecnica per rilanciare occupazione

    "Sono convinto che l’istruzione tecnica e professionale sia alla base di un sano processo di rilancio dell’occupazione dei giovani che passa attraverso il raggiungimento degli obiettivi di Europa 2020 sull’abbandono scolastico sotto il 10%". Ad affermarlo è il Ministro Profumo durante il suo intervento alla presentazione del Rapporto “Sussidiarietà e istruzione e formazione professionale".

    "L’Italia - afferma Profumo - sconta un ritardo storico nella formazione tecnico-professionale rispetto ad altri Paesi europei, come la Germania, sia dal punto di vista dell’eccessivo numero di studenti che seguono il percorso liceale sia in termini di sistema di relazione tra scuola e realtà socio-economica".

    A confermarlo sono i dati. Infatti, le aziende hanno difficoltà a trovare professinalità tecniche, con una carenza di circa 110mila unità. Dati che allarmano e che sottolineano la debolezza dell'Italia a livello competitivo.

    "È indispensabile - conclude il Ministro - fare un progetto complessivo sulla formazione tecnico-professionale che coinvolga le scuole, le aziende, i sindacati, e i territori con le loro singole specificità. Va migliorata la connessione tra scuola e azienda con un lavoro di dettaglio, e con al centro la figura dello studente da “accompagnare” nel suo percorso".

    Fonte: Orizzonte Scuola (07 marzo 2012)

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    Iscrizioni scuole superiori: aumentano le preferenze per tecnici e professionali

    Per gli Istituti Tecnici e Professionali, calano i Licei scientifici, crescono i Licei linguistici

    I primi dati sulle iscrizioni al primo anno delle scuole secondarie di II grado statali e paritarie per l'anno scolastico 2012/2013 rilevano un aumento per gli Istituti Tecnici e Professionali e una diminuzione per i Licei. Il dato, non ancora definitivo e in attesa della chiusura dei termini di iscrizione prorogati al 14 marzo, riguarda 494.379 alunni su circa 570.000 frequentanti l'ultimo anno della scuola secondaria di I grado.

    Il 31,50% degli studenti ha scelto gli Istituti Tecnici (l'anno scorso fu il 30,39%), il 20,60% gli Istituti Professionali (l'anno scorso fu il 19,73%), mentre i Licei scendono al 47,90% rispetto al 49,88% dell'anno precedente.

    Tra gli Istituti Tecnici aumentano le preferenze per il settore tecnologico: per l'indirizzo di Meccanica, meccatronica ed energia gli iscritti salgono da 2,18% dell'anno scorso al 2,57%, così come per l'indirizzo Informatica e telecomunicazione (4,59%) e Chimica, materiali e biotecnologie (1,98%).

    Tra gli Istituti Professionali registra un aumento degli iscritti soprattutto il settore servizi. In particolare l'indirizzo Alberghiero sale al 9,51% di preferenze rispetto all'8,52% dell'anno scolastico 2011/2012.

    Aumentano, tra i Licei, le iscrizioni ai linguistici: 7,25% rispetto al 6,86% dell'anno precedente. Calano i licei scientifici: 22,38%, rispetto al 23,95%. In calo invece i licei classici, dal 7,52% scendono al 6,66%.

    Vedi tabella dettaglio iscrizioni

    Fonte: Comunicato MIUR (13 marzo 2012)

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    Professionali e Tecnici – nuove classi di concorso, quadri orario

    Resoconto dell'incontro tra il Conitp (presenti i proff. Guastaferro Crescenzo e Antonio D’Ascoli sulle problematiche della riforma dei professionali e tecnici con il Dirigente del MIUR dott. Carlo Rinzivillo ( responsabile della riforma dei professionali).

    Il dirigente del MIUR ha innanzitutto ricordatole norme che regolano la riforma: Legge costituzionale n. 3 18/10/2001, D.lgs n. 226/2005 - Capo III, DM n. 139/2007, Legge n. 40/2007, D.P.R. n. 87 del 15 marzo 2010
    Regolamento recante norme per il riordino degli istituti professionali, l’ Intesa Stato Regioni del 16/12/2010, e gli accordi delle singole regioni.

    Il Dirigente del MIUR ha sottolineato che le norme presenti hanno lo scopo di Creare sul territorio un’offerta Formativa Professionale organica, prevenire e contrastare la dispersione scolastica Facilitare il passaggio tra i sistemi (reversibilità della scelta) , Reciproco riconoscimento dei crediti, -Permettere la prosecuzione degli studi (anno integrativo): Università e ITS

    il DPR 87/2010 dice che Dal 2011/2012 negli Istituti Professionali potranno coesistere 2 tipologie di percorsi:

    I percorsi IP ( istruzione professionale ) 5 anni di studio con Esame finale per conseguire Diploma di maturità di Tecnico… si concludono con il conseguimento di diplomi di istruzione secondaria superiore in relazione
    ai settori e agli indirizzi

    e i percorsi IFP (istruzione formazione professionale) di durata triennale

    Esame finale per conseguire il diploma Regionale di Operatore …………..

    2 anni di studio con Esame finale per conseguire il Diploma di maturità di Tecnico…

    La durata dei percorsi è la seguente

    AREA ISTRUZIONE GENERALE

    AREA INDIRIZZO

    insegnamenti obbligatori di indirizzo

    Primo biennio

    660 ore

    396 ore

    Secondo biennio e quinto anno

    495 ore

    561 ore

    il D.P.R. n. 87 del 15 marzo 2010 Regolamento recante norme per il riordino degli istituti professionali all’ Articolo 2 – Identità degli istituti professionali dice:

    Gli istituti professionali possono svolgere, in regime di sussidiarietà e nel rispetto delle competenze esclusive delle Regioni in materia, …un ruolo integrativo e complementare rispetto al sistema di istruzione e formazione professionale ai fini del conseguimento, anche nell’esercizio dell’apprendistato, di qualifiche e diplomi professionali …… secondo le linee guida adottate ai sensi del comma 1-quinquies dell’articolo medesimo.

    All’ Articolo 5 - Organizzazione dei percorsi afferma che gli istituti professionali: possono utilizzare la quota di autonomia del 20% dei curricoli, nell’ambito degli indirizzi definiti dalle regioni, sia per potenziare gli insegnamenti obbligatori per tutti gli studenti, con particolare riferimento alle attività di laboratorio, sia per attivare ulteriori insegnamenti, finalizzati al raggiungimento degli obiettivi previsti dal piano dell’offerta formativa, fermo restando che ciascuna disciplina non può essere decurtata per più del 20% previsto dai quadri orario.

    Inoltre, per la realizzazione degli IeFP le scuole possono utilizzare oltre alla quota del 20% di autonomia già prevista, la flessibilità del 25% in prima e seconda, per svolgere un ruolo integrativo e complementare rispetto al sistema dell’istruzione e della formazione professionale regionale al 35% in terza e quarta, per arrivare al 40% in quinta.

    Il dott. Rinzivillo ha poi illustrato l’ Intesa Stato Regioni del 16/12/2010, stabilisce che gli Istituti Professionali realizzano i percorsi di IeFP in via sussidiaria, nel rispetto di quanto previsto in materia di assolvimento dell’obbligo di istruzione (D.M. n. 139/2007) e di relativa certificazione (D.M. n. 9/2010).

    L’Intesa prevede 2 tipologie di sussidiarietà : Tipologia A – Offerta sussidiaria integrativa e Tipologia B – Offerta sussidiaria complementare.

    L’offerta sussidiaria demanda, nell’ambito del Piano dell’offerta formativa, ai competenti Consigli di classe l’organizzazione dei curricoli, nella loro autonomia, in modo da consentire, agli studenti interessati, la contemporanea prosecuzione dei percorsi quinquennali, nel rispetto delle norme contenute nel D.P.R. n. 122/09 in materia di valutazione degli alunni, con l’approvazione del collegio dei docenti, con questa tipologia gli Istituti Professionali utilizzano le quote di autonomia e di flessibilità di cui all’articolo 5, comma 3, lettere a) e c) del D.P.R. n. 87/2010.

    La tipologia B invece dice che gli Istituti Professionali attivano classi che assumono gli standard formativi e la regolamentazione dell’ordinamento dei percorsi di IeFP, determinati da ciascuna Regione, cioè integrano i percorsi IeFP con fondi regionali (la Regione Lombardia lo ha fatto investendo 249 milioni).

    La regione Piemonte nell’accordo ha incrementato di almeno di 33 ore le ore di lab. e 33 ore di 2° lingua , almeno 200 ore di stage prima della qualifica e piena equipollenza tra percorsi CFP e IP per l’accesso al 4° anno.

    La Liguria ha predisposto dei stage in 2° e in 3° anno.

    L’ Emilia-Romagna ha stabilito un primo anno presso gli IP, poi dal 2° a scelta tra IP e CFP per aquisire competenze soggette a valutazione

    La criticità che si sono rivelate degli IeFP sono senz’altro le seguenti :

    *percorsi senza ulteriori oneri per lo stato e per la regione (tipologia A);

    - le ore aggiuntive sono senza compresenza perché la realizzazione dell’offerta sussidiaria dei percorsi di IeFP da parte degli istituti professionali avviene nel limite del numero di classi e della dotazione organica complessiva del personale statale…… in nessun caso la dotazione organica complessiva potrà essere incrementata in conseguenza dell’attivazione dell’offerta sussidiaria dei percorsi di IeFP.

    L’organico assegnato alle classi di IeFP non può essere maggiore di quello attribuito per ogni classe di Istruzione professionale

    Le istituzioni scolastiche che intendono realizzare percorsi di qualifica regionale triennale in regime sussidiario, debbono essere accreditate dalla Regione.

    Gli esami conclusivi dei percorsi per il conseguimento dei titoli di qualifica professionale, si svolgeranno sulla base della specifica disciplina dettate dalle Regioni.

    Il responsabile del MIUR nel suo intervento ha affermato che la riforma va incontro alle richieste del mercato ed è rimesso alle competenze delle scuole organizzare percorsi mirati in riferimento alle richieste dalle famiglie e dai ragazzi.

    Quindi il dirigente e gli insegnanti devono guardare questi percorsi IeFP come un offerta di più modalità di apprendimento per fronteggiare la dispersione e preparare i ragazzi al mondo del lavoro.

    Nei collegi e nei consigli di classe i docenti devono evitare stagnazioni e realizzare percorsi idonei all’apprendimento dei ragazzi modellando i quadri orario alle loro richieste, solo cosi si può offrire una formazione eccellente del ragazzo che deve essere al centro della proposta didattica educativa professionale.

    Il dott. Rivinzillo, inoltre, ha anche affermato che sono in via di definizione le nuove classi di concorso, probabilmente a fine anno scolastico dovrebbero essere pronte.

    Inoltre ha chiarito che non ci saranno modifiche dei quadri orario rispetto a quelli già pubblicati.

    Nell’ incontro del giorno 09/03/2012, come già enunciato dal CONITP, i dirigenti e delegati presenti hanno concordato che si può utilizzare la quota di autonomia del 20% per ampliare l’offerta formativa laboratoriale al 3° anno (conseguimento delle qualifiche), decurtando le ore di quelle materie che hanno avuto, con i nuovi quadri orario, un aumento di ore al 3° anno, attribuendole alle ore di laboratorio specifico per realizzare gli IeFP.

    Solo cosi si potrà tamponare quella perdita di ore laboratoriali necessarie alla formazione integrale dei ragazzi e mettere in condizione i ragazzi di raggiungere quei obiettivi formative tecnico professionale che offrono gli istituti delle regioni come la Lombardia, Veneto e dall’anno prossimo la Sicilia e la Calabria.

    I dirigenti presenti hanno concordato che se non avviene un ampliamento dell’offerta laboratoriale le scuole professionali avranno un calo di iscritti che porterà in pochi anni alla loro chiusura.

    Quindi per essere competitivi ed offrire una qualità formativa eccellente bisogna agire avviando un processo di modifica dei quadri orario, soprattutto al 3° anno di studi per essere al passo delle altre scuole.

    Inoltre è stato riscontrato un anomalia per la regione Campania per il rilascio delle qualifiche per i ragazzi attualmente frequentanti il 3° anno di studi, infatti la Regione Campania non ha ancora stipulato l’accordo per il rilascio delle qualifiche cosa che è stata fatta per le attuali classi 1°.

    Pertanto il CONITP solleciterà la regione a colmare questo vuoto normativo con una deroga per il rilascio delle qualifiche al 3° anno di studi.

    Il presidente

    Prof. Guastaferro Crescenzo

    Il Vice presidente

    Prof. Antonio D’Ascoli

    Fonte: Orizzonte Scuola (14 marzo 2012)

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    Il boom dei tecnici e dei professionali: era ora!

    Non avevo alcun dubbio che sarebbe andata così, e che meglio andrà nel futuro! Lo dice uno che sa di greco e di latino e che si è formato – si fa per dire – sui classici! E che non ha mai amato i licei: una sorta di ossificazione della cultura: più spocchia e arroganza che stile e autenticità!

    In effetti, ho sempre saputo che le due culture sono una disdicevole invenzione degli ultimi cento anni! Almeno da noi! L’Italietta del 1861 necessitava di alcune cose molto importanti per fare il balzo in avanti che potesse affiancarla ai grandi Paesi unitari, come Francia e Regno Unito ad esempio: laddove le borghesie locali avevano già condotto le loro rivoluzioni!

    Ma nel nostro paese, con una “p” minuscola, con una borghesia ancora frammentata e che parlava anche lingue diverse, attraversata da una piccola nobiltà arroccata su privilegi che riteneva secolari, divisa in due da uno Stato pontificio in cui la pena di morte era ancora norma, e fino al 2001 (sic!), con una nobiltà più latifondista che nobile, polverizzata attorno a corti di origine europea più che italiana, le cose erano ben diverse. E non era affatto facile fare dismettere alla nostra borghesia quell’abito di arlecchino che per secoli l’aveva marcata, pressoché unica sull’intero continente!

    E poi c’erano problemi concreti, da risolvere anche nel breve tempo, se si voleva concorrere con i grandi Stati unitari d’Europa!

    Occorreva abbattere quell’analfabetismo endemico che, nonostante la ricca tradizione artistico-letteraria, indubbiamente molto forte ma fatta da pochi e per pochi, interessava ancora il 90% della popolazione.

    Occorreva che il più rapidamente possibile molti “regnicoli”, ancora cittadini di serie B, sapessero leggere e scrivere perché si doveva creare un apparato amministrativo con cui si potesse finalmente governare e amministrare un Paese che, pressoché ultimo in Europa, aveva finalmente raggiunto l’unità nazionale.

    Occorreva trasformare migliaia di contadini in operai e tecnici per dar vita a un apparato industriale con cui confrontarsi con gli altri Paesi del centro Europa.

    Occorreva anche e soprattutto creare un gruppo dirigente che avesse un alto profilo culturale: commis di Stato, giudici, avvocati, economisti, medici, ingegneri, generali anche e via dicendo. E, per formare questo gruppo dirigente tutto nuovo, a che cosa occorreva appellarsi se non a quella tradizione artistico-letteraria che tutta l’Europa in effetti ci aveva sempre invidiata? La cultura latina e quella greca e in parte anche la stessa cultura italiana – basti pensare al linguaggio della musica – quella dei grandi poeti e dei grandi artisti che tutta l’Europa ci aveva sempre invidiato e che solo il contadiname dei tanti staterelli della penisola né conosceva né praticava, andavano assolutamente recuperate, censite, valorizzate, enfatizzate anche. E infatti i nostri autori italiani, dal Dolce stil nuovo fino a De Sanctis e a Manzoni, nulla avevano da invidiare a Varrone e a Virgilio, a Cratete di Mallo e a Callimaco, ai classici della cultura latina e greca sulla quale si innestavano, e che così decorosamente replicavano e innovavano! E architetti, scultori, pittori, musicisti ne avevamo avuti a iosa, quindi…

    Così i “regnicoli” furono tutti o in gran parte mobilitati e avviati alle nuove scuole nazionali. Dopo quattro anni di scuola elementare, di cui due obbligatori, si proseguiva con il ginnasio, come lo chiamavano i tedeschi, e poi con il liceo, per non far torto ai francesi. E a monte, a elargire contenuti – ma non edifici, in gran parte requisiti dal nuovo Stato – c’è tutta la ricca tradizione dei seminari cattolici e dei collegi pontifici, là dove la cultura, o una certa cultura, era di casa. Insomma, non fu affatto difficile impacchettare il meglio della nostra tradizione colta e dar vita al ginnasio-liceo, classico ovviamente! Durava otto anni e se ne usciva a 17 anni di età, pronti per accedere all’università! E mai si sarebbe pensato a un liceo scientifico… una contraddizione in termini! Ci avrebbe pensato più tardi Gentile, obtorto collo! L’istruzione tecnica ebbe pure la sua parte, una scuola tecnica biennale, seguita, per chi avesse voluto e potuto, da un istituto tecnico quadriennale con uscita a 15 anni di età: un ordine di studi finalizzato, ovviamente, agli operai e ai quadri tecnici intermedi. E questo dualismo è durato per tutti i 150 anni che abbiamo da poco celebrati.

    Un dualismo, quindi, duro a morire, che poi non appartiene di fatto alla nostra storia preunitaria. Brunelleschi era un semplice mastro, ma ai nostri occhi un grande architetto. E un mastro era Ghiberti, lo scultore della Porta del Pardiso. E i grandi pittori uscivano dalle botteghe e non avevano lauree o riconoscimenti accademici. E chi può dire se un Leonardo o un Raffaello fossero dei classici o dei tecnici? Dipingevano, certamente, ma progettavano anche come valenti ingegneri! Insomma nella nostra migliore tradizione non c’erano né lauree né diplomi né si discettava su che cosa fosse di pertinenza del classico o del tecnico. E la distinzione medievale tra artes sermocinales, per i politici e gli avvocati, e le artes reales, per gli uomini del fare, non incideva più di tanto, stante l’analfabetismo che la faceva da padrone! Del resto ci pensò Galileo a liquidare le due artes con quel metodo sperimentale che fu di grande utilità sia per un Francesco Redi che per un Emanuele Tesauro o un Muratori: ricerche diverse in campi diversi, ma condotte con grande rigore scientifico! E non c’è poesia o passo di danza che non sia esito di una rigorosa ricerca! Euterpe e Tersicore possiamo pure lasciarle sull’alto dell’Elicona, dove peraltro nessuno le ha mai viste!

    Insomma, le cosiddette due culture da noi sono nate con lo Stato unitario! Un’Italia che si unisce politicamente, ma che adotta due culture, quella della testa e del cuore e quella della mano! Ciò non significa che le due culture non abbiano attraversato anche altri Paesi e altre società, se è vero che Charles Snow negli anni Cinquanta del secolo scorso intervenne con un celebre libro per comprendere le ragioni profonde per cui scienziati e letterati, ingegneri e pittori, matematici e poeti pensavano di perseguire intenti e strade non solo diverse, ma addirittura contrapposte. E da noi il muro che separa le due culture è stato particolarmente duro a morire.

    Oggi i dati delle iscrizioni al secondo ciclo di istruzione sono già il segnale di un’inversione di tendenza. E’ la cosa, a mio vedere, era di fatto scontata! Del resto, è lo stesso criterio che ha ispirato e dettato il riordino dell’istruzione secondaria di secondo grado che ha segnato l’inizio della fine del primato del liceo classico, non degli studi classici in quanto tali, di cui non nego affatto la necessità. Si veda il bel libro di Martha Nussbaum, Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica, edito per il Mulino, che ho recensito tempo fa per la rivista on line educationduepuntozero. Ma una vera cultura umanistica non ha nulla a che fare con una sua enfasi e pretesa superiorità! Oggi, quando in tutte le scuole europee e anche nella nostra comincia a soffiare il vento delle competenze, queste diventano anche la discriminante per un reale processo di riforma.

    Quando andiamo a leggere le Indicazioni nazionali dei licei e le compariamo con le Linee guida degli istituti tecnici e professionali, appare evidente dove emerge il nuovo e dove si tenta di conservare il vecchio. Nelle Indicazioni nazionali le competenze sono appena accennate, più per un omaggio ai tempi che corrono che per una implicita convinzione. Nelle Linee guida, e soprattutto in quelle dei trienni, una didattica per competenze viene di fatto indicata e accettata, anche se ulteriori lavori di limatura saranno necessari, soprattutto per quanto riguarda la terminalità degli studi in cui la certificazione delle competenze dovrà modificare ex novo l’attuale modello di esame di Stato.

    Per non dire della felice partenza degli Istituti Tecnici Superiori, fondazioni che poco hanno a che vedere con il sistema scolastico e con lo stesso sistema universitario, fondazioni fortemente legate, ma non connesse, con la concreta offerta di un mondo del lavoro che – nonostante le difficoltà del momento – è strutturalmente cambiato e ancora cambierà.

    Con tutto ciò non voglio dire affatto che il declino del liceo mi faccia piacere tout court! Io sono per gli studi classici, ma sono per un loro assoluto ridimensionamento, per una loro diversa connotazione e collocazione. Finora lo studente che si iscrive al liceo, di fatto “viene iscritto”, indipendentemente da una sua precisa volontà. Pesano la tradizione e il costume che vogliono che il figlio dell’operatore intellettuale – chiamiamolo così – o del borghese più o meno illuminato o arricchito che sia, vada dritto agli studi liceali indipendentemente da una sua precisa vocazione. Anche perché si dice che gli studi liceali “aprono le menti”, “formano” o altre amenità di questo tipo.

    Non è così: gli studi tecnici non sono affatto meno severi e meno formativi di quelli liceali, anche perché l’avanzare delle ricerche ha conferito a una formazione tecnica input qualitativi per nulla inferiori rispetto a quelli della migliore tradizione classica. La svolta che si sta profilando in materia di scelte post-scuola media da un lato rafforzerà lo spessore degli studi tecnici e contribuirà ad una seria modifica dei curricoli liceali.

    Anche perché sempre più verrò maturando il concetto, che del resto ho già espresso in altre sedi, per cui non esiste un tecnico capace di studiare e progettare un motore ibrido che sia inferiore a un tecnico che sia capace di decodificare un papiro scoperto nel Mar Morto! E forse si sporca di più le mani chi lavora con sessola e pennellino a “cavar cocci” rispetto a chi progetta motori con il software cad/cam!

    Fonte: Maurizio Tiriticco (14 marzo 2012)

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    Edited by Steve Hi Power Mc - 14/3/2012, 14:01
     
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    Ordine del giorno su incremento attività di laboratorio negli istituti di II grado

    Ordine del giorno 9/4940-A/66 approvato il 13 marzo, presentato da Rosa De Pasquale, che impegna il Governo "a valutare l'opportunità, al fine di riconoscere agli insegnati tecnico-pratici della scuola la dignità dell'opera prestata e per le finalità di cui all'articolo 52, di incrementare l'attività laboratoriale negli istituti di istruzione di secondo grado".

    Le motivazioni

    negli istituti professionali e tecnici la drastica riduzione delle ore degli insegnamenti tecnico-pratici, il taglio delle ore di laboratorio, l'incremento delle materie di studio teorico, la frammentazione dei saperi, il numero elevato di docenti che intervengono sulla medesima classe (in prima e seconda un consiglio di classe è formato da moltissimi docenti curricolari più i docenti di sostegno) non favoriscono certo la lotta alla dispersione scolastica;

    inoltre negli ultimi provvedimenti governativi, mentre compaiono le modifiche relative alle diverse classi di concorso unitamente alla eventuale classe di riconversione, non si comprende quale sarà la sorte della classe di concorso degli insegnanti tecnico-pratici, che risultano ancora operanti nelle scuole, anche se spesso quali docenti soprannumerari, insegnanti che peraltro sono presenti anche nelle graduatorie ad esaurimento.

    Impengno del Governo

    "a valutare l'opportunità, al fine di riconoscere agli insegnati tecnico-pratici della scuola la dignità dell'opera prestata e per le finalità di cui all'articolo 52, di incrementare l'attività laboratoriale negli istituti di istruzione di secondo grado".

    Fonte: Orizzonte Scuola (19 marzo 2012)

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